“Eppure occorre che il cuore si apra/e si offra in sacrificio perché nasca/un gesto che spezzi l'incantesimo/e ci restituisca alla vita vera,/ all'affettuoso incontro di mani,/al respiro che non si distingue/dal vento, al lampo d'amore”.
In queste poesie l'aria è tersa, pulitissima , sede di immagini primeve, anzi delle immagini della magica infanzia vissuta da ciascuno di noi. Alla formalizzazione quasi tattile del rapporto con elementi e oggetti fa eco una motilità sonora della frase. Al lettore abituato alla visibilità della poesia, alla presa fantasmatica, non sfuggirà che la qualità saliente di questi versi è la mobilità, il mutamento.
Sullo sfondo del “Libro perduto”, forse più dei Greci, si staglia il Grande Negatore, Nietzsche – sia pure un Nietzsche riletto, anzi riascoltato, attraverso la trascrizione sinfonica operata nel 1869 da Richard Strauss dello Zarathustra, quindi uno della linea neuedeutsche, un wagneriano, gli ultimi struggenti spasimi del Vecchio Ordine europeo, poco prima di essere distrutti dalla Grande Guerra e negati, rinnegati per sempre...