Se la poesia è – come afferma qualche critico – sogno e impegno dell’Autore a far entrare anche il lettore nel suo sogno, occorre affermare che qui siamo al massimo di questa dimensione.
Che la poesia sia, alla fine, “musique, de la musique encor”, come rispondeva invariabilmente Paul Verlaine a chi gli chiedeva cosa fosse la poesia, è quasi ovvio, ma nel caso di Loredana Pietrafesa – nel caso di questa silloge, Sabbia e nebbia – c’è di più. Qui assistiamo ad una sorta di sperimentazione fra le due arti o di rimbalzo fra le due.
L’Autrice presenta una raccolta di testi che nascono dall’ascolto di celebri brani musicali. Cosa produce nell’ascoltatore la musica di Chopin o di Beethoven? Quali emozioni o ricordi? E così la poetessa si mette in ascolto. Ci passano davanti testi che nascono dalle sensazioni immediate della musica: da Vivaldi a Verdi, da Schumann a Bach, da Ravel a Orff. E soprattutto gli incipit sono di grande rilevanza, come se l’inizio del “sogno” sia quello più “stordente”.