Le cicatrici mute dei menù: intreccio di scritture e ormeggi – pigmento di lettura – che si snodano lungo l’arco di tre sillogi.
E poiché d’ogni ancoraggio resta memoria fino ai confini della pelle (cicatrici in grado di riportare in vita lo strascico di un passo, l’aroma brunito delle dita al tabacco, litanie dimenticate, sapori seclusi… o l’attrito singolare fra battito e respiro e frescure e tepori) diventa possibile risalire al dialogo interno e al vissuto che ne hanno elevato la consapevolezza. Così encausti e tessuti cicatriziali dimorano tra i versi nella cui leggibilità resiste l’illeggibilità del silenzio da cui provengono; e rappresentano “lo strappo attraverso il quale il silenzio, l’Esterno indisponibile irrompe nel pensare.” (Byung-Chul Han, La società senza dolore)
Tipologia ulteriormente riconducibile all’arte del kintsugi... di “abbracciare il danno”: sapienza corporea (d’intelligenza manuale, storicizzata a fronte di fragilità cruciali e impreviste; forma nobile, sublime, di problem solving artigianale), abilità e splendore del ripristino creativo impreziositi nel sentimento delle cose e nella patina del tempo predisponendole all’altrove di un inoltre possibile.