Si respirano amore e bellezza in questi versi di Antonio Paciocco che lo scorrere inarrestabile del tempo non già obnubila, ma accentua. Al centro c’è il tema dell’uomo che adora la donna, le cui lacrime lo predispongono ad affrontare il viaggio della morte nella foresta nera.
Facendo tacere la civetta e ascoltando il prodigio musicale dell’usignolo, da sempre emblema di ottimismo e rinascita, il poeta acquista coraggio e, così armato, percorre il sentiero che precedentemente gli si è mostrato, «prima che, ai confini dell’universo,/ si spenga anche per me l’ultima stella».
Quello cantato dal poeta è un amore che sempre si rinnova nella dolcezza di un abbraccio, nel baluginio di uno sguardo cristallino che niente spegnerà e che sarà di conforto ogniqualvolta la malinconia prenderà il sopravvento.
Viaggiando sul filo della reminiscenza e della speranza, il poeta scrive la ricetta per rendersi immortali, anche se mortali: godere di tutti i momenti della vita.
Le altre tematiche della silloge ineriscono alla solitudine e alla sofferenza, allo spaesamento e all’isolamento che contraddistinguono la condizione dell’uomo in senso lato e più in particolare del poeta che, lungo l’ultimo tratto del suo percorso esistenziale, si rigenera attingendo alla fontanella cara alla donna amata prima di abbandonarsi nuovamente al ricordo.