«E domani è San Giovanni, fratel caro; è San Giovanni. Su la Plaia me ne vo’ gire, per vedere il capo mozzo dentro il sole, all’apparire, per veder nel piatto d’oro tutto il sangue ribollire.» Così fa descrivere da Ornella, Gabriele D’Annunzio, il giorno del Battista ne La figlia di Iorio (1903). Perché in Abruzzo, così come altrove, nel giorno in cui si celebra la nascita di san Giovanni si verificano fatti prodigiosi: il sole e la luna si bagnano in mare e una nuvola premurosa li asciuga; l’acqua e la rugiada acquistano proprietà miracolose così come le erbe e i fiori che diventano magici e aumentano le loro proprietà terapeutiche; si compiono riti divinatori per trovare marito e per unirsi nel potente e indissolubile legame di comparaggio. Un giorno magico ma anche infausto: le streghe girano per compiere sortilegi; il Santo si vendica su coloro che non hanno rispettato il comparatico e onorato la sua festa. Unico breve e labile momento nel quale si può tentare di sconfiggere Pandàfeche, Stréhe e tutte quelle creature che hanno avuto l’ardire di nascere nello stesso giorno del Cristo.
Testimonia e avverte lo studioso del folclore abruzzese Gennaro Finamore (1890): «Narrasi di un contadino, che volle trebbiare nel dì di S. Giovanni e il tempo si mosse a tempesta, e il contadino, gli assistenti, il grano, i buoi, tutto fu dal fulmine subissato. Ogni anno, nella notte che precede la festa del Precursore, si ode in quel luogo un romore sotterraneo: e sono le grida di quegli sciagurati. Dove questo avvenisse, non si sa dire di preciso; ma certamente, fu in un luogo e in un tempo.»
Si amalgamano, nella notte tra il 23 e il 24 giugno, paganesimo, folclore e religiosità giustificandosi vicendevolmente. I simboli religiosi ripropongono ritualistiche propiziatorie che da sempre tentano una soluzione alla dura lotta dell’uomo per la sopravvivenza da sempre legata ai capricci e alla benevolenza della natura.