Questa silloge di testi di Giuseppe Zilli è affidata al “respiro breve”, a poesie di pochi versi (sovente risolti in terzine o quartine). Il fatto è – evidentemente – che la “visione” della poesia di Zilli è nella immediata illuminazione, quasi in una dimensione “zen”. Poesia come rivelazione, più che discorso poemaico, torrentizio.
È per questo che – a tutta prima – la scrittura di Giuseppe Zilli sembra assai vicina agli haiku giapponesi, dai quali però si discosta sia per struttura metrica, sia per la filosofia di fondo che in Zilli è legata non tanto all’estasi spirituale quanto al rapporto profondo, quasi carnale e identitario con la terra.
Con la “sua” terra (e qui è presente senza dubbio la “salentinità” del Nostro) e il suo “mestiere” artistico di scultore che lavora, appunto, con la pietra e col materiale povero, da cui può venir fuori una nuova vita: “Anche lei / la pietra / ringiovanisce” scrive, facendoci quasi toccare con mano le mille vite della pietra, sotto la mano della Natura e del lavoro dell’artista, che le dà nuovo vigore e collocazione.