La raccolta si apre non a caso con un richiamo alla parola, a cui il poeta affida, pagina dopo pagina, un ruolo testimoniale e le molte ed argute persuasioni etiche ed esistenziali, perché la “parola” – per Giovanni Di Guglielmo – è la latitudine espressiva nella quale maturano i dettati della biografia, ed è pure, allo stesso tempo, l’orizzonte nel quale prendono forza e si fanno espliciti i sentimenti, le investigazioni della mente e dell’animo, le pronunce della volontà, i racconti del vissuto e i legami che stringono i possessi e le perdite, non meno che i compromessi e le fughe.
“Dire”, infatti, è riconoscersi, è dare significato alle proprie scelte, è narrare a sé e agli altri gli incontri che – di giorno in giorno – si sono incaricati di mostrare o di togliere, di insuperbire o di disilludere, come accade – appunto – nella vita di tutti e nella realtà che ciascuno percorre nei calendari e nelle personali costruzioni.
Così il poeta si fa, dunque, a suo modo, voce alternativa, memoria di vittorie e di sconfitte e forma di una verità che travalica il tempo e lo spazio dei singoli per donarsi ai cortili della vita e alle pieghe del destino e degli amori: a ciò che spesso scorre nella malinconia o nel dolore e che, altre volte, sta fermo nel suo stregato e allegro rovescio.