Il sogno notturno spesso ci conduce attraverso luoghi che della realtà mostrano il lato nascosto, proibito, o soltanto desiderato. C’è poi lo stupore del risveglio, quando le immagini oniriche cedono la malia delle loro visioni alla meraviglia del giorno. Di primo mattino è la parole a dare il segnale che collega i due mondi. Ti soccorre la Musa: ogni risveglio è un passaggio, ogni passaggio è un’esperienza di vita nuova. Le parole appaiono traslucide, incomplete, boccioli tra le rosee dita di Eos, che fioriranno in un discorso ancora da cominciare, futuri semi di una messe da raccogliere, dopo aver lavorato per giorni nel campo all’aperto dell’esperienza, e poi nel laboratorio appartato e segreto della scrittura.
Vi sono certi momenti in cui una voce dal profondo, ridestati i sensi e la coscienza, suggerisce un “suono”, un’immagine, un verbo da declinare, un frammento lucente di ricordo, quel che resta di un attraversamento di sentieri sperduti. Mane è un compendio di epifanie che conducono il poeta lungo un percorso in cui le voci del presente si sovrappongono, in un contrappunto tematico e stilistico, a quelle dell’incantato, struggente e avventuroso corso dell’adolescenza e della giovinezza. I riferimenti linguistici che pervadono la struttura delle singole sezioni sono retaggio, consapevole e ostentato, di quelle stagioni irripetibili, quando la fantasia comincia l’avventura in un universo sconosciuto, recando con sé, come viatico, gli strumenti delle lingue classiche e gli stupori del mito.