Tanto per cominciare questo è un libro. La pregiata copertina, il titolo I polli sognano le aie,
l’indicazione dell’editore Tabula fati, le pagine scritte e numerate in esso contenute lo confermano.
Soltanto un lettore frettoloso o un critico disattento potrebbe affermare di trovarsi di fronte a un
quaderno, a un block notes, a un calendario, anche se le vignette contenute nel libro potrebbero
indurre alla tentazione di considerarlo un calendario concepito per la raccolta fondi da
destinarsi ai vignettisti indigenti.
In questo momento storico in cui il pensiero individuale naufraga, ecco che la scelta
dell’autore di assumersi sin dal titolo la paternità di un’asserzione che non ammette repliche,
è un atto di coraggio. Avrebbe potuto volgere il titolo in forma interrogativa ma avrebbe privato
il critico dell’esercizio della divagazione intellettuale e inchiodato il lettore alla responsabilità
di una risposta con conseguente disperazione dell’editore per la certa débacle delle vendite.
D’altro canto se la vita è sogno si può sognare ciò che non si conosce? Estraggo questo
interrogativo dal saggio sulla Dialettica della realtà circoscritta del Gallo, in cui il filosofo, per
esperienza acquisita sul campo, ci suggerisce anche la risposta. E dunque, se i polli sognano le
aie questa visione esistenziale deve essere considerata naturale o indotta?
Ci viene in soccorso il San Bernardo vagante sui monti imbiancati quando riflette: “Si può
portare appesa al collo la tentazione del peccato senza peccare?”. Di questo pessimismo latente
ma non rivelato l’autore si nutre per restituirlo ovunque nella sua prova letteraria.
È questo un libro in cui l’autore risparmia al lettore la narrazione delle proprie disgrazie,
delle proprie vicende familiari, rifugge dall’autobiografismo. Al contrario si fa capro assumendo
su di sé le altrui disgrazie, gli altrui sfoghi per restituirli trasfigurati, spurgati da un pathos
che cela la tragicità che è nel comune dire nostro quotidiano.
Ecco, in questo procedere scorgo lo stesso fiuto del Bracco, cronista di costume e ancor più del
Bracco segugio della psiche dei personaggi dei suoi drammi. Ne escono fuori brandelli di
conversazione indotta fra l’autore e il suo amico coinquilino, frammenti di qualunquismo
dissidente, schegge ermetiche come le liriche del Gatto. È una considerazione questa mia ultima
che troverà il disaccordo dell’autore, ma solo per naturali incompatibilità di carattere tra i due.
[Sabatino Ciocca]