Con i tropici di mezzo è la nuova silloge di Elisabetta Ferrero, italiana trapiantata negli Usa da diversi decenni; si tratta di un’opera di grande intensità e spessore, che manifesta una “competenza” letteraria molto avanzata.
Qui, il fulcro della “filosofia” esistenziale ed estetica dell’Autrice è piuttosto compatto e si può immediatamente affermare che la sua “musa” ispiratrice è in una via di mezzo fra la cosiddetta “scuola di New York” – che negli anni Cinquanta-Settanta e ancor più, fu un confluire di personalità letterarie, da John Ashbery a Kenneth Koch, da Frank O’Hara a Barbara Guest, con un progetto ben preciso: di contrastare l’imperante “poesia confessionale” di Lowell & C. (ma vi confluirono anche musicisti, pittori, ballerini) – e la tradizione umanistica italiana, argine contro certi eccessi di “leggerezza”, arguzia e umorismo propri di questo gruppo.