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Michelangela Scalabrino
LETTERE A UN AQUILONE
Presentazione di Bernard Simeone
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Apparentemente classiche, intessute di nostalgia per quel che Mario Luzi chiamava “i lontani paradisi della forma”, eppure testimoni di una modernità dimessa, in tono minore, vicina alle angosce dell’uomo moderno, le poesie di Michelangela Scalabrino sembrano obbedire ad una essenzialità fedele a se stessa: il ricorso al simbolismo più nobile non diviene occasione di una fuga dal reale, ma al contrario un mezzo per affrontare pudicamente l’ineluttabile. Dietro l’eleganza ritmica e l’impeccabile maestria della forma si indovina una solitudine, un deserto, un’erranza metafisica e sentimentale preoccupata di non sprofondare nella foresta dei propri simboli. I riferimenti musicali “alti”, come la sesta sinfonia di Bruckner o la sinfonia “Alpestre” di Richard Strauss suonano come echi di lutto e separazione, reliquie d’un ordine antico ormai irraggiungibile, di cui non rimane che un surrogato di grandezza e di ideale, sfumato di crepuscolo, come in un’altra opera musicale citata dall’autrice: le Metamorfosi dello stesso Richard Strauss, variazioni infinitamente disincantate sul tema della marcia funebre dell’Eroica.
Presentazione
In copertina: Wassily Kandinsky (1866-1944), Senza titolo (1941)
[ISBN-88-87220-28-X] Pagg. 80 - € 5,00
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