In questa raccolta di Sandro Marano si intrecciano mito e storia, ragione poetica e ragione storica attorno a tre temi principali: il sentimento del tempo che scorre e pare tutto travolgere, la sacralità della natura oltraggiata e minacciata da un modello di sviluppo dissennato e distruttore, il sogno d’amore con al suo centro la donna quasi uno squarcio d’azzurro nel cielo bigio.
Verso la modernità il poeta nutre un sentimento di rivolta, perché, come ha avuto modo di notare lo storico della filosofia Gaetano Bucci, «il Novecento e questo scorcio del nuovo millennio stanno a dimostrare quanto incredibilmente rischiosa e, soprattutto, irreversibile possa essere la china su cui sta scivolando l’uomo, la società che è la sua famiglia, e l’intero pianeta che è la sua casa.»
E nella prefazione Daniele Giancane scrive che «il fil rouge di questo poeta è una sorta di senso di cosmico pessimismo non solo sul futuro del pianeta Terra, ma proprio di fronte all’esistenza umana che è — alla fine, per tutti — il destino di una sconfitta. La storia, che è un leit motiv della poesia di Marano, in realtà riconduce al tempo che trascorre inesorabile e alla “nebbia inesorabile”. E se “la storia è una boccata d’aria / in una giornata uggiosa”, in fondo essa (la storia) può stimolare alle “magnifiche passioni”, che vadano oltre la banalità del quotidiano. C’è, insomma — in questa poesia — una continua dialettica tra una dimensione che cerca l’eroico o — comunque — un forte impegno che fa da contraltare alla precarietà del tutto, allo sfaldarsi nella storia di civiltà e utopie.»