Vittorio Orsenigo scrive da settant’anni. La sua tata, ex pastorella di pecore e anatre nel lodigiano, avrebbe borbottato “settant’anni consumadi”, e cioè, consumati, buttati via da foresto, da signorile cittadino o – come osserva Daniela Marcheschi – è in gioco un incessante e lodevole saltare di palo in frasca. La fanno da padroni esotici la passione per il divagare viaggiando fra immagini, suoni, presenze animali e personaggi del meraviglioso teatro in cui recitiamo tutti, volenti o nolenti, dal primo vagito all’ultimo respiro.
Tanto per dare una sia pur fievole idea: l’attore Klaus Kinski, padre della bella attrice Nastassja, abbandonato il brasiliano Teatro Amazonas e I puritani messi in scena a Manaus cedono il passo al Quartiere ebraico di Montreal dove uno scrittore, ancora in calzoni corti, osserva la pentola dove cuociono i fagioli.
Di lì a poco si presentano il Valium e la Valeriana nel Circo delle posizioni erotiche meno accreditate anche perché la vita nega (mentendo) di essere associata alle fiere addomesticate, ai giocolieri e donne scimmia.
Il danaro e la Finanza non sono certo trascurate: ha da dieci secondi voltato l’angolo della narrazione Elizabeth Arden ed ecco apparire il rabbino danzante che intona “Oh! Venisse da Sion la salvezza d’Israele” deluso dal suo scarso e quasi indifferente pubblico.