Dopo Giulio Cesare, un immaginario William Shakespeare presenta la storia di Re Lear alla stessa scolaresca della III A.
I ragazzi e le ragazze sono all’inizio piuttosto sconcertati di fronte alla drammatica complessità della tragedia e all’apparente abbandono dei personaggi in un tenebroso deserto senza giustizia e umanità.
Le somme si tireranno a Dover, anche se per arrivare a Dover mentre infuria la bufera ci vuole molto coraggio. Si deve affrontare il rischio di cadere e trovare la forza di rialzarsi ma si deve arrivare ad ogni costo, magari brancicando a tentoni nel buio. Dover è la meta, il sogno, l’approdo ultimo verso cui naviga ognuno di noi. Qui, dall’alto delle bianche scogliere a picco sul mare, si può volgere lo sguardo verso l’infinito e scoprire il senso del nostro cammino nei sotterranei dell’esistenza e, forse, ma non è detto, un impalpabile soffio divino.
Re Lear è ripetutamente ritenuta l’opera migliore di Shakespeare. (Andrew Bradley)