Torino, prima metà del Novecento. Ginia vive in maniera spensierata e felice la sua adolescenza: «A quei tempi era sempre festa. Bastava uscire di casa e traversare la strada, per diventare come matte, e tutto era così bello […] Siete giovani, – dicevano, – siete ragazze, non avete pensieri. Si capisce.»
Non disprezza la solitudine, non parla di ciò che vorrebbe fare, ma sogna un futuro roseo. Ha le sue idee e dei valori ai quali non è disposta a rinunciare. L’amicizia con Amelia, di poco più grande di lei, cambia le cose e distrugge pian piano, ma con la forza di un uragano, il suo castello di pura ingenuità, iniziandola quindi a una progressiva scoperta delle realtà della vita.
L’ingresso in un mondo nuovo, sregolato e dominato da pulsioni incontrollabili – è la vie bohémienne – sono il preludio di una serie di esperienze che porteranno Ginia a prendere nuove, drammatiche consapevolezze.
L’amore per il giovane pittore Guido, dal quale si lascia sedurre e di fronte al quale è pressoché indifesa, diventa un tassello imprescindibile nel suo processo di crescita e di maturazione, avviandola di fatto verso l’inevitabile destino – la perdita dell’innocenza – e la sua conseguente accettazione. Le illusioni si trasformano in delusione, le attese restano tali, la speranza muta in disperazione e, nel breve attimo di una stagione, si compie infine il passaggio dall’adolescenza alla maturità.