Julio Baghy (1891-1967) è stato poeta, prosatore, attore e regista teatrale. Dopo una prigionia di sei anni in Siberia ha vagabondato per tutta Europa insegnando l’esperanto col metodo diretto, Le sue raccolte di poesie e di novelle, insieme a romanzi etico-satirici e a schizzi autobiografici ne hanno fatto un best seller nella letteratura esperanto dove ha portato quel senso di comunità creata dalla lingua.
I suoi due romanzi più consistenti, Viktimoj (Vittime, 1925) e Sur sanga tero (Su una terra insanguinata, 1933) raccontano le vicissitudini di internati di nazionalità diverse nei campi di concentramento siberiani durante il biennio 1918-1920. Prigionieri di guerra, civili, soldati semplici e ufficiali, secondini rinchiusi nelle baracche, uomini, donne, bambini: ogni singolo è una comparsa nella dimensione dell’intero scenario, ma ha il suo ruolo di sofferenza nella tragica attualità. Questi uomini sono sospinti da venti contrastanti di rivoluzioni e reazioni e si capiscono non con una lingua comune, ma con la comune sofferenza. In questa situazione matura il romanzo breve La verda koro (Il cuore verde, 1937) che racconta di una comunità creatasi in Siberia tra i partecipanti di un corso di esperanto: si tratta della prima comunità unita territorialmente che produce cultura nella lingua internazionale, cultura di pace che si irradia da ogni pagina del libretto. Successivamente Baghy produrrà un ampio dramma in versi, Soge sub pomarbo (In sogno sotto un melo, 1958), composto durante la rivoluzione ungherese.