La Grande Pianura era una landa brulla che si estendeva a perdita d’occhio, priva di confini. Nel mezzo, unico luogo abitato, sorgeva lo sperduto villaggio di Morya.
Morya era come una vecchia signora che rimpiange la sua giovinezza: era stata il crocevia di importanti traffici commerciali più di cento anni prima, e i ricordi dell’Età dell’Oro riecheggiavano ancora sulle facciate dei palazzi del centro, ma oggi tutto era cambiato: nessuno veniva più lì per concludere affari e nessuno, quasi che una forza ancestrale privasse gli abitanti della scelta, da lì se ne andava.
Chi nasce a Morya muore a Morya, era il patto sottoscritto dai villani.
Come una vecchia signora che sfoglia le immagini della sua giovinezza, Morya aveva trascorso decenni ricordando quel tempo, sperando che potesse tornare, fino a quando le foto si erano sgualcite e poi staccate dal foglio, e infine dimenticate. E senza speranze e senza più nemmeno il ricordo di quand’erano felici, gli uomini e le donne sopravvivevano al centro della Grande Pianura, rifuggendo le stranezze e coltivando la paura, aspettando che qualcuno da fuori venisse a svegliarli.