Game of Thrones può essere l’Iliade del nuovo mondo on line? O la sua Commedia con molti inferni, qualche purgatorio e nessun paradiso? Virginia Perini non ce lo dice, preferisce tenersi davanti a questo mirabolante giocattolo e osservarlo con occhio sociologico e filosofico.
Il racconto di un racconto, si sa, è sempre intrigante, lascia intendere, svela e tiene celato, fa della reticenza la sua segreta arma vincente. Ma l’autrice va oltre in questo saggio, che più volte evoca la “dialettica” hegeliana, dando credito allo scambio tra attori e ruoli impersonati che riverbera fuori dagli schermi il suo ipnotico potere.
Un marasma di sentimenti che sposta in continuazione la prospettiva, dal prodotto di una Major americana, all’esterno delle mute platee televisive e dei camerini attoriali, per tornare poi dentro la fiction in uno scambio senza tregua che spinge più in là le frontiere del virtuale, seminando il dubbio che il vero virtuale sia ciò che chiamiamo realtà. O forse, tra torture, stupri, fiumi di sangue e draghi buttafuoco, ha ragione il personaggio che a un certo punto commenta: «Sono spettri nascosti nell’oscurità».
Spettri che ben conosciamo…