Il titolo di questa silloge di racconti di Maurizio Grasso è il filo conduttore che in un modo o nell’altro li lega. La nostalgia (“dolore del ritorno”) è un sentimento multiforme: nostalgia per la perdita di una persona cara, per un luogo lontano e al momento irraggiungibile (es. la propria patria), per un periodo felice della nostra vita, che ovviamente non potrà più tornare. Così, in ciascuno di questi racconti la nostalgia è declinata diversamente.
In La strada di Dorina, è l’addio a un progetto di vita infranto per sempre; in Il nespolo sul tetto è la nostalgia dell’infanzia come momento costruttivo del nostro essere, delle nostre inclinazioni. L’aforisma di Jünger presenta un sentimento più sottile, il desiderio di ritrovare una verità sepolta da troppo tempo; in La gazza ladra la nostalgia viene ribaltata e per un caso fortuito diventa “gioia del ritorno”… alla vita. Quattr’occhi torna con il tema dell’infanzia, in cui finiamo per riconoscere le radici della pianta che saremmo diventati. La vita che appare, la vita che è propone la nostalgia di un amore passato, scoperto fortuitamente e che in qualche modo compensa l’amore che il presente non offre al personaggio del racconto.
Infine, La persistenza del profumo si conclude lasciando alla protagonista un senso di nostalgia fertile per chi ha avuto il potere di scuoterla, nel breve volgere di un colloquio in un caffè, da una cronica tristezza. Nostalgie, dunque, nostalgie altre, nostalgie diverse, ma pur sempre nostalgie.