La voglia di morire, di farla finita non senza tornare per l’ultima volta nei luoghi dove si sono svolti i fatti.
È possibile che a diciassette anni si incappi nella trappola che condizionerà il resto della vita? Sì, è possibile. Primo Trinchero, il protagonista di Al di qua del fuoco scelse l’unica strada possibile nel momento più drammatico degli avvenimenti e la scelse per salvare le due persone che credevano in lui. Dopo ventotto anni decide di rivivere l’estate del 1989 per cercare un significato diverso che dia senso alle rovine della sua vita. Torna perché vuole sapere se Giada sta bene, se è riuscita a superare il dolore che le ha causato. Arriva come fosse uno straniero nella terra dei suoi avi e trova rifugio proprio in casa sua, quella che apparteneva alla sua famiglia ed è ormai abbandonata.
Attraverso il doppio registro, Martino riesce a dare voce al protagonista diciassettenne che scopre il mondo e al disincanto dell’uomo che non ce la fa più a tenersi nel cuore quel vissuto terribile.
Sullo sfondo le colline della Langa, la valigia con i manoscritti di Kafka e Cesare Pavese che nell’intreccio avrà una parte importante.