Nella forma del racconto la letteratura italiana ha da sempre trovato il modulo più congeniale per attuare, grazie all’icasticità e alla brevità della vicenda narrata, un intento volta a volta polemico, ammonitore, comico, o anche per dipingere un piccolo quadro dalle tinte fortemente allusive, che sembra rimandare ad un messaggio la cui forza cogente verrebbe di necessità sbiadita da una maggiore complessità e distensione del narrare.
A questa esigenza non è riuscito a sottrarsi nemmeno Marino Solfanelli, poliedrica figura di giornalista, poeta e scrittore abruzzese, che con questa sua raccolta di racconti sembra quasi voler saggiare tutte le possibilità, recondite o meno, di tale genere letterario.
In un linguaggio volutamente colloquiale e paratattico, poco incline alle diffuse aggettivazioni e ai preziosismi linguistici, Marino Solfanelli sbozza con mano sicura piccole vicende quotidiane, ora comiche, ora dolorose, venate di satira o di rimpianto, o additanti persino un diverso e più autentico modo di concepire i sentimenti umani.