Un poeta. Finalmente. Si respira aria limpida nelle pagine di Francesco Rivera. Con tratti secchi, con un minimalismo che cela un sapiente uso della lingua, si dispiega davanti al lettore, che si sente spinto alla riflessione, una visione del mondo solida e sicura.
Ciò appare evidente fin dai primi versi: “il nulla stringe” il poeta, è diafano, ma incolla sul suo volto “pezzi di Dio”. Un inizio folgorante, subito rinforzato su un piano diverso dalla domanda della poesia successiva: “che dovessi io più alla matematica / che a Dio?”
Domande di senso, veicolate da un linguaggio che fa della limpidezza il proprio segno distintivo.
Agevole leggere i fluidi versi, davvero difficile resistere alla sfida che essi pongono al lettore.