Una provocatoria, ispirata prova di poesia lirica (ed epico-lirica) che l’Autore ci offre, in alternativa a una vasta parte della corrente produzione letteraria, appesantita da molte ipoteche post-novecentesche (riguardo all’urgenza argomentativa, alla necessità totalizzante della pura, immediata comunicazione, al rifiuto del “colore” e della sensibilità musicale, etc.), da grossolani residui di razionalismo borghese, nonché dalle griglie invasive di una scrittura povera, a volte notarile e dalle pratiche di una “riduzione al basso” di ogni sentimento, di ogni bellezza.
L’impianto tematico, pur nelle molteplici sfaccettature dei momenti creativi, delle occasioni storiche, sociali e personali, e la cifra stilistica (variamente articolata nel metro e nelle strofe) vogliono adottare e rifondere nel corpus espressivo alcuni aspetti salienti delle ipotesi teoriche, dell’immaginario e del portato linguistico appartenenti ad alcuni ambiti della moderna poesia balcanica e neo-greca, da cui traspare, soprattutto per via della chiarità musicale, dell’aggettivazione sostenuta e avvolgente, della distesa cantabilità e dei sintagmi modulari, una certa propensione a privilegiare l’adozione di un ancora non definito, ma pur diffuso “canone orientale”.