Il romanzo verte sull’incontro di Marchesa, con un vissuto di ospedalizzazione psichiatrica, e Nennè, con un’esistenza ai margini della società. Il loro rapporto si articola sull’ambiguità tra realtà e visione, tra giochi di proiezioni reciproche e le cicatrici mappate sulla vita cruda dei due personaggi.
La Marchesa dice: “I matti ripetono i gesti per riprendersi un’abitudine. Agiscono per moltiplicazione di un gesto, sottraendolo ad altri superflui. Arrivano così alla divisione di se stessi. Alcuni arrivano allo zero: immobili e taciturni. Qualche volta si scuce dalla labbra una parola. Rotola giù sul pavimento e fa un clan clan di poesia.”
Nennè racconta: “Vidi i miei occhi nel tè ed ebbi fame. Fame di me. Mi ingoiai pure un mozzicone di sole. Spegneva la sua ultima brace dentro il liquido ambrato. Mandai giù anche quello, anche qualche goccia di sole.”