Mia forever: esasperato senso di appartenenza a se stessa e ai propri “fantasmi” psicotici che viaggiano oltre il tempo della protagonista che rivive all’infinito una seduzione “anomala” di un’età fatale, l’adolescenza.
Nell’esistenza di Monica (quanrantacinque anni) e Barbara (trenta), una coppia gay “al femminile” esplode come una bomba ad orologeria la notizia della scomparsa, in circostanze misteriose, di una famosa cantante.
Monica, già alle prese con un difficile recupero del suo equilibrio mentale “scosso” da un’evasione pericolosa con Ilaria, aspirante-cantante ventisettenne che ha minacciato di compromettere la sua lunga convivenza con Barbara, è costretta a calarsi anima e corpo nel dramma.
“Lei”, il personaggio dello spettacolo che ha scelto di staccarsi dalla vita con un’overdose, quella che tanti anni fa le ha dato la “svolta”, ammaliandola in una seduzione quasi magica, poi ripetuta nel tempo.
Per Lei aveva scritto un romanzo. Rileggendo quelle pagine in cui l’antica “iniziazione” è descritta in un’atmosfera quasi fatata, purificata dai contorni più crudi e violenti della realtà, Monica sente l’esigenza di mettersi finalmente a nudo. Di raccontare quel che davvero avvenuto, liberandosi dalla paura di trasgredire ad un “giuramento” che la sua seduttrice le aveva imposto all’epoca: “Finché io sarò in vita, non dovrai raccontarlo a nessuno”.
Emerge così questa figura maliziosa, trasgressiva, eccitante nel suo voler dissacrare tutto, dedita fin dall’adolescenza all’erba e agli allucinogeni che ne amplificavano una certa tendenza compiaciuta al sadismo e alla “presa di possesso” violenta in una “dimensione” certamente ignota al grande pubblico.
Un’identità segreta del personaggio dato in pasto alla folla che Monica aveva sempre tenuto per sé, rimuovendone il ricordo, per non soffrire troppo. Rivivendo i vari incontri, analizzandone i “segni”, Monica scopre che perfino la sua attrazione per Ilaria non è stata altro che un’ennesima “coazione a ripetere”, un ossessivo tentativo di rivivere quell’incantesimo.
La sua inclinazione all’onirico, la voglia di venir sottomessa anche per pochi attimi in un gioco mentale al massacro, quel proiettare le sue fantasie sugli altri, “clonizzare” le sue partner, sono in realtà tutti suoi espedienti per esorcizzare una realtà che non riesce ad appagarla.
E, nel suo idealizzare le figure scomparse, i suoi “fantasmi” protettivi, trova un conforto alle inevitabili delusioni del “vissuto” quotidiano.
In tutto questo scandaglio introspettivo si inserisce il “diario di Cristiano”, il figlio quattordicenne nato da un prolungato flirt con un famoso allenatore di calcio. Un ragazzino tenero e creativo che “racconta” Monica, la sua ragazza-madre turbolenta, così come l’ha vista fin dalla primissima infanzia, eterna bambina stravolta nelle sue storie esasperate.
Soltanto il colpo di scena finale squarcerà tutti i veli.
Patricia Wolf, muovendosi con grande abilità nel ricco intreccio della narrazione, usa una scrittura limpida ed efficace che ha il merito della schiettezza e dell’immediatezza pur mantenendosi ad alti livelli, sul piano immaginifico ed analitico-introspettivo.
È decisamente un bel libro “al femminile” quello di Patricia Wolf, ne ha la grazia, la leggerezza, la sensibilità, la finezza psicologica e, perché no, il coraggio, anche nei suoi aspetti meno conformisti. Anche quando affronta temi scabrosi, almeno per chi considera “fuori dalle regole” gli amori descritti in questo Mia forever, ispirato a una grande interprete che ha lasciato dietro sé un alone di mistero e un ricordo struggente.
Tutto questo, immerso in un universo musicale di cui l’autrice è una fanatica cultrice.