Adriana Nicoletti

Il volo invisibile degli angeli

Presentazione di Giuliana Cutore

Tabula fati, Chieti 2003

 

Presentazione di Giuliana Cutore

     Può un’opera narrativa interrogarsi continuamente sul più profondo senso della vita umana e nello stesso tempo spingere il lettore a farlo, mantenendo però una trama avvincente, dove gli avvenimenti si susseguono a ritmo incalzante, pur nella loro estrema pregnanza simbolica?
     È certo un’impresa difficile, per la quale sono necessarie notevoli doti di equilibrio; in questa impresa è riuscita Adriana Nicoletti con la sua opera d’esordio Il volo invisibile degli angeli, intenso e modernissimo conte philosophique, indagine sul significato più autentico dell’esistenza, non riconducibile alle stereotipe immagini quotidianamente offerteci dai massmedia, né tantomeno alle varie e più o meno gelide etichettature di un facile psicologismo.
     Per la Nicoletti, invece, “ogni esistenza è sacra… ogni uomo ha in sé qualcosa di divino e di infinito”: il senso più riposto ed autentico dell’esistenza umana sta proprio nell’infinita infelicità del finito, la possibilità infinita per noi, esseri finiti e delimitati dalla nascita e dalla morte, di godere, amare, conoscere e di converso soffrire, esposti alla possibilità del non-senso, realtà dalla quale nessuna rassicurante immagine “potrà mai proteggerci” definitivamente.
     Al centro di questa problematica esistenziale, abbeveratasi alla fonte della riflessione fenomenologica contemporanea (da Husserl, Heidegger e Merleau-Ponty fino a E. Levinas, P. Ricoeur e J.L. Marion), sta l’amore, forza spirituale e conoscitiva che affonda le sue radici nella dimensione carnale, amore nella sua duplice valenza di apertura verso il mondo e verso gli altri nella dimensione dell’incontro e di serena accettazione della nostra finitezza.
     È solo l’incontro con l’amore che apre l’uomo alla vita nella sua pienezza, perché è proprio l’amore ad insegnare che “è la morte a far parte della vita… nonostante tutto il dolore”.
     Ed è ancora l’amore che dona il suo senso più autentico alla nostra fisicità, al nostro corpo: noi siamo il nostro corpo, esso è parte essenziale del nostro esserci, ci fa conoscere il mondo in una maniera più intuitiva ed immediata, ma non per questo meno valida e cogente, della nostra mente. Dobbiamo amare il nostro corpo, perché esso non è soltanto un involucro, ma uno dei modi, e forse il più vero, di aprirci agli altri, di percepire l’orizzonte della nostra temporalità autentica; ed è forse proprio grazie al corpo che l’heideggeriano essere gettato nel mondo dell’esserci può umanisticamente essere inteso come “un essere stati donati a se stessi”.
     In questa moderna dimensione esistenzialistica, che è anche e soprattutto una dimensione della memoria come orizzonte soggettivo della temporalità, Adriana Nicoletti crea anche una nuova struttura romanzesca, dove i momenti puramente narrativi si alternano a quelli di riflessione, inserendo in tal mondo sempre diverse e più profonde sfaccettature tematiche, alle quali ben si adatta la prosa allusiva, reticente ma al tempo stesso multisemantica dell’autrice, una prosa colma di tensione dialettica, desiderosa di esprimere, sia pure a sprazzi e per illuminazione, come in una Lichtung, l’inesprimibile dell’avventura umana.

Giuliana Cutore