Annarita Bini
Prefazione di Antonella Turchi |
IL VIAGGIO
Facendo un percorso all’indietro di due millenni, rileggerei volentieri le Metamorfosi di Apuleio per recuperare il significato profondo del viaggio iniziatico che comporta sempre e comunque delle trasformazioni all’interno e all’esterno del soggetto coinvolto.
Nulla è più lo stesso dopo. C’è un prima e un dopo: esiste come una sorta di spartiacque che indica il mutamento, che si manifesta attraverso vari passaggi e trasformazioni.
Attingendo alla narrativa contemporanea, mi soffermerei poi sulle definizioni di turista, viaggiatore e pellegrino, che la scrittrice Lidia Ravera propone nel suo romanzo Maledetta Gioventù:
Dicesi turista
[...] Segue un percorso stabilito in un tempo stabilito.
Sfiora luoghi anche lontani con l’ambizione di catalogarli. Preda del demone del paragone con ciò che gli è familiare traduce tutto, cerca corrispondenze, riporta instancabile alla sua moneta. [...]
Ritorna a casa senza essere mai davvero partito.
Dicesi viaggiatore
[...] Ha tempo perché è il tempo, allinea una serie di attimi e gioca a prolungarne l’effetto.
Non ha futuro perché non pensa di dover tornare. [...]
Poiché è in grado di accogliere persone ed eventi, è soggetto ad incontri.
Dicesi pellegrino
[...] In un momento dato della sua vita, senza un fine preciso, decide di abbandonare tutto e tutti, per raggiungere una meta spesso lontanissima, intravista come per miraggio, resa mitica per arte o credenza religiosa, e per questo fuori dal tempo e dai legami dello spazio consueto. [...] viaggia da straniero ovunque vada. (2)
Anche nella letteratura psicologica e psicanalitica il viaggio ha una rilevanza soprattutto come viaggio introspettivo, interiore, spirituale: il viaggio dell’anima.
Secondo gli archetipi junghiani, per individuare metaforicamente altri modelli possibili del procedere nella vita come viaggio, è possibile riferirsi alle tipologie quali il viandante, il pellegrino, l’eroe, il mago.
«Il viaggio dell’Eroe significa innanzitutto partire per trovare il tesoro del proprio vero sé e quindi tornare a casa per dare il proprio contributo a trasformare il regno – e, nel processo, la propria vita. La ricerca in quanto tale è tutta rischi e trabocchetti, ma offre grandi ricompense: la conoscenza dei misteri dell’anima umana, l’opportunità di trovare ed esprimere i propri insostituibili doni nel mondo, la capacità di riuscire a livello sociale e di vivere in affettuosa comunione con gli altri.» (3)
Queste metafore, brevemente citate, sono utili per comprendere meglio lo stato d’animo di chi si accinge ad un viaggio per esplorare nuove possibilità, con il candore e la semplicità del neofita: gli occhi aperti sul mondo, curiosi di tutto e degli altri, affascinati dal nuovo e forti della propria identità e, nonostante le difficoltà oggettive della lingua e della comunicazione, rimanere sorpresi dalla bellezza di conoscere il semplice quotidiano dell’altro e di condividerlo insieme.
A mio parere, chi viaggia nell’ambito dei progetti europei ed in particolare in quelli Comenius, non è né turista né viaggiatore, perché sta in contatto con il popolo che conosce: è pellegrino perché i territori visitati rispecchiano una sua geografia interiore. Il viaggio non è solitudine, ma è condivisione con altri diversi, spinti dalla stessa o analoga motivazione e dalla stessa curiosità intellettuale. Il contatto con gli altri, nella logica di dialogico confronto, spinge a riflettere su se stessi e sulla propria cultura, sul proprio modo di vivere.
È pioniere in quanto, guidato dal desiderio di conoscenza e dallo spirito di avventura, va verso una meta ignota. Il suo percorso non è tracciato sulle carte. Egli sperimenta e apporta annotazioni sulle mappe.
L’identikit dello “sperimentatore Comenius” potrebbe essere definito così: spirito d’avventura del pioniere, sensibilità del pellegrino, coraggio dell’eroe.
Il “drago” da sconfiggere è rappresentato dai numerosi ostacoli logistici e tecnologici, dalle difficoltà legate alla lingua veicolare di comunicazione, alla burocrazia locale e remota, ai pregiudizi, alle resistenze al cambiamento.
Restando nella metafora del “viaggio dell’eroe”, soltanto dopo aver sconfitto il drago, trovato il tesoro della conoscenza, della consapevolezza della propria identità e della cittadinanza europea, l’eroe può tornare a casa e condividere con gli altri il tesoro trovato.
«Non appena torniamo da un Viaggio ed entriamo in una nuova fase della nostra vita, noi siamo immediatamente catapultati in un nuovo tipo di Viaggio; lo schema non è lineare, né circolare, ma a spirale. In verità noi non cessiamo di viaggiare, ma abbiamo degli eventi che marcano delle tappe quando quello che accade è il risultato della nuova realtà che abbiamo incontrato. E ogni volta che ci rimettiamo in viaggio, lo facciamo a un nuovo livello e torniamo con un nuovo tesoro e capacità trasformative di nuovo conio.» (4)
L’INCONTRO
Quando si è disposti a lasciare certezze ed ancoraggi culturali, facilmente si approda ad una naturale disposizione di animo atta ad incontrare l’altro, a comprenderlo e ad accoglierlo così com’è.
L’incontro con l’altro, forse, facilita anche una maggiore sensibilità che fa sentire vicino colui che è lontano geograficamente e culturalmente e che fa avvertire a volte un senso di estraneità verso colui che, pur essendo vicino, non è disposto a confrontarsi e ad abbandonare le proprie certezze e gli stereotipi culturali.
L’esperienza di partecipazione ad un progetto Comenius non lascia uguali, ma apre talmente al confronto che rende impossibile il ritorno alle condizioni iniziali di partenza. Essa crea una forte condivisione in un piccolo gruppo coinvolto a livello locale e remoto ed una naturale sinergia tra i vari partecipanti e i partner.
Lo scopo di questa narrazione è, quindi, quella di rivivere le emozioni dei percorsi affrontati con l’orgoglio di essere riusciti a portare a termine il “viaggio” e di condividere “il tesoro” con la disponibilità di voler facilitare le nuove sfide oltre i propri confini ad altre comunità scolastiche ed educative.
«Ogni Viaggio è un Viaggio a sé e ogni ricercatore apre un sentiero nuovo. Ma è infinitamente più facile far questo avendo almeno una qualche conoscenza delle esperienze di chi è venuto prima.» (5)
Annarita Bini