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Ricordi di un hobbit



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Gianfranco de Turris
e Sebastiano Fusco


Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco

     Gianfranco de Turris e Sebastiano Fusco sono due giornalisti e scrittori romani. Sono nati entrambi all’inizio del 1944, a un mese e mezzo l’uno dall’altro e, quando si sono conosciuti tramite un amico comune all’epoca del liceo, abitavano nella stessa via, a poche decine di metri di distanza. Collaborano da oltre cinquant’anni: il loro primo articolo a doppia firma uscì nel 1962 sulla rivista romana “Oltre il Cielo” e suscitò scalpore: trattava dello “scandalo delle traduzioni” in italiano dei romanzi di fantascienza, che si dimostrava essere tagliate, censurate e manipolate senza alcun rispetto né degli autori né dei lettori.
     Più di mezzo secolo è un discreto spazio di tempo: lo hanno riempito centinaia e centinaia di articoli, libri, saggi, conferenze e impegni d’ogni genere nel settore della cultura. Soltanto limitatamente alla letteratura fantastica, il catalogo specializzato cui diede inizio il compianto Ernesto Vegetti e che oggi si trova in rete, conta oltre 250 saggi di varia dimensione usciti col doppio nome. A questi vanno aggiunti quelli scritti con pseudonimo e, ovviamente, quelli a firma singola. E si parla solo di fantascienza: se si aggiungono gli scritti di esoterismo, argomenti “misteriosi” e “strani” di ogni tipo, divulgazione scientifica, politica, costume e quant’altro, si supera largamente il migliaio di titoli.
     Su questa base è nata in pratica la critica fantascientifica in Italia: de Turris e Fusco sono stati i primi a prendere in esame la science fiction, che negli anni Sessanta del secolo scorso era considerata indegna d’altra attenzione che non fosse denigratoria da parte della cultura ufficiale, utilizzando gli strumenti sia della normale analisi letteraria, sia altri strumenti critici considerati eterodossi come l’analisi mitico-simbolica.
     In questo ruolo di “pionieri”, hanno fatto emergere le figure di autori che all’epoca non erano presi in alcuna considerazione dalle nostre “accademie” e che poi sono divenuti famosissimi. Due soli nomi: H.P. Lovecraft e J.R.R. Tolkien, dei quali per primi in Italia hanno scritto un profilo critico, pubblicato nel 1969 sull’enciclopedia Arcana, edita da Sugar, autori dei quali nei decenni successivi hanno curato, introdotto o tradotto vari testi. Del primo ricordiamo: I miti di Cthulhu, Nelle spire di Medusa, Sfidia dall’infinito per Fanucci, Il Guardiano dei Sogni per Bompiani, L’orrore della realtà per Mediterranee, Teoria dell'orrore per Bietti; del secondo: Il medioevo e il fantastico, I figli di Hurin, La saga di Sigurd e Gudrun, La caduta di Artù per Bompiani, Sir Gawain e il Cavaliere Verde per Mediterranee.
     Sulla base delle loro comuni esperienze, hanno diretto per dieci anni (1971-1980) le collane dell’editore romano Fanucci. Le loro introduzioni e interventi critici a corredo dei diversi volumi — un centinaio — superano le mille pagine: le novità interpretative che offrivano ai lettori degli anni Settanta provocarono grandi polemiche — soprattutto sul versante politico — ma anche grande interesse. Una loro scelta a cura di Luca Gallesi è nel volume Le meraviglie dell’impossibile (Mimesis, 2015).
     Fra i libri scritti insieme, Obiettivo sugli UFO (Mediterranee, 1975), H.P. Lovecraft (La Nuova Italia, 1979), L’ultimo demiurgo (Solfanelli, 1989), Il simbolismo della spada (Il Cerchio, 1990), la pièce teatrale ispirata alla Terra di Mezzo Ricordi di un Hobbit (Tabula fati, 2015).




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