Franco Fascetti

Nel paese delle favole

Presentazione di Marco Solfanelli

Tabula fati, Chieti 1998

 

Presentazione di Marco Solfanelli

     Bruno Bettelheim, uno dei massimi esperti di psicologia infantile, nel suo splendido saggio scritto una ventina d’anni orsono sull’importanza e significati psicoanalitici delle fiabe, evidenziava come questo genere di narrativa da sempre si adegui in modo ideale alla mentalità del bambino rimasta immutata nel tempo. Da sempre infatti le fiabe, come anche i miti, rispondono all’interrogativo eterno: qual è la vera natura del mondo?
     Da Esopo (IV a.C.) e forse anche prima, nonostante le risposte presunte o reali dettate dalla tecnologia, dalla scienza, dal progresso, il rapporto degli uomini con questo immutabile interrogativo rimane uguale. Ciò che affascina delle risposte date ad esso dai miti come dalle fiabe è la loro misteriosa incertezza e al tempo stesso la loro incontestabile fondatezza.
     Le fiabe per i bambini, ad esempio, assolvono alla loro funzione d’insegnamento morale ed etico, senza mai essere esplicite, ma alludendovi, tratteggiando, divertendo, svelando il senso non appena appare nel bambino un tentativo di comprensione. Il loro spirito particolare sta nel fatto che esse si rivolgono agli ascoltatori o lettori, adoperando il loro stesso linguaggio e adottando gli stessi parametri nelle storie che oscillano tra il Bene e il Male, princìpi basilari dell’esistenza. Ed è attraverso un linguaggio semplice e una esile struttura narrativa che l’Autore di questa raccolta, si rivolge al mondo dell’infanzia, lasciando intatta la dimensione magica che il bambino utilizza per interpretare la realtà, poiché il suo modo di vivere è per larga parte magico.
     Così le storie raccontate si succedono a mo’ di exempla, brevi e concise, dando voce ad animali, piante oggetti, rispondendo alle curiosità secondo lo spirito animistico proprio ai bambini. Come ha dimostrato Piaget, nel pensiero animistico infantile, non esistono nette linee di demarcazione tra gli oggetti e gli uomini, per cui qualsiasi cosa abbia vita, ha una vita simile alla nostra. I personaggi e gli eventi narrati, personificano e illustrano conflitti interiori, difetti, quali la golosità, l’avarizia, la vanità, la superbia, ma anche la purezza, il pentimento, la visione positiva del creato. Caratteristiche che nella elementarità in cui sono esposte, a volte in maniera esplicitamente ironica, appartengono ad un principe come ad un babirussa (suino selvatico dell’Indonesia), ad uno spaventapasseri come ad uno giaguaro tigrato del Venezuela.
     Altro elemento indispensabile al genere fiabesco, qui presente, è l’atemporalità, come anche l’indefinibile localizzazione, “Una volta...”, “Un tempo...”, “Nel paese della fantasia...”, “Nel regno delle fiabe...”, “Nel paese delle caramelle...”.
     La fiaba deve svolgersi in maniera conforme al modo in cui un bambino pensa e percepisce il mondo; per questo è così convincente per lui. Egli difatti, può trarre molto più conforto da una fiaba che non da una manovra consolatoria basata su di un ragionamento da adulti. Sembra che Franco Fascetti mutando coraggiosamente prospettiva e senza molti sforzi, deponga del tutto le sue prerogative da adulto per meglio interagire col mondo amato dell’infanzia, per cui con una estrema facilità e senza troppe pretese passa dalla magia dell’impossibile alla magia del possibile.

Marco Solfanelli