Viola Di Muzio

Trionfi di luce

Presentazione di Maria Pia Nervegna

Tabula fati, Chieti 2004

 

Presentazione di Maria Pia Nervegna

     Le poesie di Viola Di Muzio, anche quelle brevissime, pur essendo concentrate tutte sulla vita interiore del soggetto che le pronuncia, si presentano come un discorso rivolto a qualcuno.
     In un soliloquio spesso tortuoso e sofferto, l’io lirico non individua di volta in volta esplicitamente un interlocutore, eppure ciascun testo prevede una situazione di tipo dialogico: un soggetto che parla, “canta”, e uno o più soggetti che ascoltano o leggono. In un desiderio inesausto di oltrepassare i confini del tempo, di perpetuare un colloquio d’amore che, se non è più possibile nella contingenza terrena, può persistere su un piano più elevato, quello metafisico, la poetessa intesse una rete di incontri, rievocati attraverso la memoria e rivissuti esclusivamente sul piano dei sentimenti (rimpianto, nostalgia, assenza, tristezza) e della loro concreta rappresentazione. Così, gli affetti viscerali troncati dalla morte o strappati dalle sempre alterne vicende della vita ottengono una permanenza tutta spirituale e albergano in un quotidiano trasfigurato eppur ancora concreto, librandosi ora in atmosfere eteree e delicate, ora in quadri di coraggiosa franchezza e umanità.
     Spirito molto sensibile non solo ai mutamenti del tempo ma anche a quelli dello spazio, ella rende partecipi alle scene tutti gli elementi naturali, da quelli più utilizzati dalla tradizione poetica classica (gli astri, le stagioni, gli agenti atmosferici) a quelli più bassi e apparentemente meno metaforicamente connotati (erbe, insetti). Gli elementi esteriori e paesaggistici, il ciclo biologico della vita naturale e di quella animale e umana, perdono il loro significato letterale e si caricano di simbolismi riposti ed allusivi ad un enigma indistricabile che grava sull’universo.
     Ma l’equilibrio non è solo da cercare tra i ricordi del passato. Una quotidianità isolata, il grigiore della vita presente, una coscienza turbata dalla violenze della storia umana che ancora e ancora si ripetono, rivendicano la loro urgenza. L’io poetico, in preda allo smarrimento generato dall’inspiegabile accadere di tali avvenimenti, una sola risposta sa darsi, quella suprema: l’Eterno, datore di consolazione e di speranza, tante volte cercato e trovato.
     Ma non è fuga, questa. Non è vittimismo, né nichilismo, perché l’io sente la vita pulsare dentro di sé e anela ad assaporare ancora i momenti di pienezza. Consapevole dell’impossibilità del singolo di far luce sull’oscurità del reale, Viola Di Muzio ora attende fiduciosa, in atto di preghiera-poesia, che si esaurisca l’incertezza del presente, che si verifichi “il miracolo”; ora, senza cedere alla disperazione, ricerca con le sole sue forze, tramite l’ispirazione poetica, un varco che la liberi dalla durezza del proprio stato.
     Sul piano formale, a conferire una notevole tensione interna al testo e a proiettarlo da toni semplicemente nostalgici o elegiaci a quelli più laceranti e drammatici, è un sapiente intreccio delle voci: non di interlocutori diversi, ma di toni diversi, a volte contrastanti, della stessa voce, quella del soggetto che parla, che vive un’esperienza di sospensione, in una condizione “liminare” tra il mondo dei vivi e quello dei morti, tra una situazione felice e una di conflitti, tra l’esuberante tempo della giovinezza e il presente apparentemente privo di slanci e di conquiste, tra il silenzio inerte della notte e il fugace scorrere del giorno. La tensione delle voci si coglie soprattutto a livello del ritmo che alterna cadenza, regolarità e dolcezza musicale a rallentamenti, impennate e distorsioni che aspirano al verso libero.
     L’intero progetto formale tende a evidenziare una rete densa di elementi tematici e semantici, in un progressivo allargamento della scena che dall’oscurità angusta in cui l’io è ripiegato si apre al fascino di distese galattiche, ove regna il silenzio eterno di infinite lontananze, nell’inatteso profilarsi di una finale liberazione.

Maria Pia Nervegna