Armando de Santis e Fabrizio Manzo

Ivano

Presentazione di Tullio Bologna

Tabula fati, Chieti 1998

 

Presentazione di Tullio Bologna

     Quando si scrive un'opera di heroic fantasy esistono tre possibilità di movimento: la strada "seria", dove l'eroe è predestinato a combattere tra le fila della Luce e dell'Ordine ed è avviato fin dall'adolescenza su un cammino che, grazie anche ad una profezia, non può essere diverso (vedi il Thane del ciclo di Elundium di Mike Jefferies, il Garion della saga dei Belgariad di David Eddings o il Quentin del ciclo del Re-Drago di Stephen Lawhead) oppure è un prodotto delle circostanze come gli omerici Ettore ed Ulisse o il Dunsan di Gerald Page; la strada "antieroica", dove il protagonista brilla per caratteristiche negative (l'Elric di Michael Moorcock o il Giulio della Torre Rossa di Claudio Asciuti); infine la strada "comica", seguita da un discreto numero di autori (Sprague De Camp con Jorian di Iraz, Fafhrd e il Grey Mouser di Fritz Leiber, Cugel l'Astuto di Jack Vance e il duo Ombra & Goccia di Gianluigi Zuddas, per ricordare solo i più celebri).
     Questo modo di affrontare l'oceano del fantasy, senza porsi problemi di simbologia o di piani di lettura del testo, ma con la sola voglia di divertire, è stata etichettata col termine dispregiativo di "escapismo" (dall'inglese to escape che significa fuggire, evadere da una realtà insoddisfacente).
     E' una letteratura "bassa" rispetto al Signore degli Anelli di J.R.R. Tolkien o agli epigoni celtico-arturiani come Morgan Llywelyn, Mary Stewart, Stephen Lawhead o Tad Williams, più facile perché più immediata, ma non necessariamente di serie B come vorrebbe qualche critico con la puzza sotto il naso che dimentica il Morgante, Don Chisciotte ed autori quali Giuseppe Pederiali, Italo Calvino, Luigi Malerba e Tonino Guerra.
     Manzo e De Santis hanno scelto quest'ultima opportunità. Il loro Ivano è una truculenta presa in giro del genere "eroico", a partire dal personaggio-architrave, che non è altro che un forzuto assassino, appunto il guerriero "atletico ed imponente dai lunghi capelli biondi" che presta il suo nome al titolo.
     I suoi appetiti sono in ogni campo smodati: mangia e beve come un personaggio di Rabelais ed in egual misura non disdegna le grazie femminili. Il suo autocontrollo è prossimo allo zero, dato che affetta, decapita e pureizza alla minima contrarietà, salvo poi lamentarsi con un crociato a proposito dei saraceni che impalano i prigionieri...
     Gli autori si divertono a dare un ritmo frenetico al romanzo, annacquando le numerosissime uccisioni con descrizioni sopra le righe. Morale: il lettore ha l'impressione di "leggere" un cartone animato ambientato in una località imprecisata ed in un tempo coincidente con una delle tante crociate.
     Parecchi sono i personaggi, tutti etichettati con un nome ed un attributo: si va dal Cavaliere Inossidabile al Mago Pallino, dal Boia Premuroso al Giudice Sleale, senza rinunciare alle assonanze del Marchese Cortese, del Ministro Sinistro o del Barone Credulone. Essi compaiono e scompaiono in un baleno, magari per riapparire alcune pagine dopo, a volte con una loro piccola storia personale fatta per portare fuori strada il lettore, il quale si ritrova in mano alla fine un curioso "nonsense".
     Intendiamoci: la trama esiste e si basa sull'aiuto che il "prode" Ivano dà al deposto re Baffo Cromato (figlio di Baffo Fulgente) per riappropriarsi del trono che gli è stato sottratto anche se con la magia nera dal popolano Ghirlandino, divenuto re Carlo Mauro II.
     Dalla domanda che apre il romanzo, però, alla risposta che si ha nell'ultima riga c'è spazio per tutto ed il contrario di tutto, con personaggi da libro Cuore perfidamente eliminati con la massima indifferenza e con un astio non spiegato che quasi tutti hanno nei confronti di quel "porco di Robin Hood" (!).
     Un'ulteriore costante è data dal fatto che l'eroe si trova sempre senza cavallo e deve perciò recuperarne uno nel minor tempo possibile, salvo puntualmente smarrirlo poco dopo.
     Insomma, se il lettore accantona i nobili sentimenti ed il desiderio di leggere qualcosa di logico, questo è il pazzo, goliardico e sconclusionato libro che non gli deve mancare.

Tullio Bologna