Silvana Cellucci

Vincoli di sangue

Presentazione di Alba Bucciarelli

Tabula fati, Chieti 2000

 




Presentazione di Alba Bucciarelli




     Davanti a un mare in tempesta il lettore osserva in lontananza, senza poter far nulla, un relitto, tutto quello che resta di ciò che un tempo era un bel natante, il quale sballottato dai flutti non riesce a toccar riva. Tale è la similitudine che si confà al personaggio principale della storia, ovvero l’eroina tragica sulle cui sfortune Silvana Cellucci intesse una trama ben ordita e di sicuro effetto.
     E anche se Madeleine, la protagonista, dichiara più volte di non credere nel destino, noi scopriamo nell’avvicendarsi degli eventi che tutto, al contrario, segue un disegno prestabilito: tutto è cesellato ed incastonato secondo una dinamica necessaria.
     Quando ogni situazione sembra recuperata, la vicenda riprende i toni della tragedia greca, alla quale tutta la storia si ispira: l’oscura vicenda di Edipo Re che si macchia del più aberrante dei peccati, l’incesto; alla stessa stregua, infatti, George, il presunto figlio di Madeleine, s’innamora follemente di sua madre.
     È come se ogni personaggio si ritrovasse di necessità in un ruolo che non è il suo, senza poterne uscire: Madeleine una madre amante, George un figlio incestuoso, James un padre rinnegato… incessante è il terribile dramma psicologico, e quasi inutile lo sforzo che ognuno di loro fa per diventare ciò che non è.
     Nessuno può salvare George che è disperatamente invaghito della madre, neanche la madre stessa, il suo è un destino segnato sin dalla nascita; segnata è la vita di Madeleine che si ritrova a scoprire le sue carte una dopo l’altra presaghe, tutte, di gravi sciagure.
     È il dramma di una madre alla ricerca di se stessa e della sua famiglia e in questo viaggio disperato dentro il suo cuore e tra la gente con la quale viene a contatto scopre inganni, ipocrisie ed indifferenza: “Tutti mi apparivano poveri disgraziati: amici e nemici, manovrati come marionette in un gioco inutile ed inammissibile…”
     L’indifferenza è un altro degli argomenti spesso affrontati nel romanzo che prende spunto da un’opera di Proust sovente citata nella narrazione.
     Di estrema attualità, l’indifferenza è uno dei grandi mali della nostra società che probabilmente nasce dalla paura che abbiamo degli altri, che ci fa isolare e rinchiudere in noi stessi come esseri che non hanno più pulsioni.
     Restare indifferenti è come non affacciarsi più alla finestra per vedere che cosa ci succede intorno, è come quando tappandoci naso, orecchi e occhi ci illudiamo che tutto vada bene se noi non siamo coinvolti: la forma più insolente di meschinità e di egoismo!
     Ma la nostra eroina non si arrende ad essa!
     Silvana Cellucci dà prova di possedere una notevole forza fantastica; il dipanarsi degli avvenimenti crea suspense nel lettore, il quale non ha la possibilità di riprendere fiato (un bel canovaccio per un film drammatico!) e nell’imprevedibile scenario descritto si accorge via via che dietro un personaggio se ne cela un altro migliore o peggiore.
     Questo è il filo conduttore del romanzo. Siamo sicuri di noi stessi? Di ciò che vogliamo? Siamo sicuri delle persone con le quali di volta in volta veniamo in contatto? E fino a che punto le conosciamo?
     Bisogna imparare a nostre spese, è questa la risposta, ed è quello che capita ai numerosi personaggi di questa storia. Tant’è che alla fine ci accorgiamo che i veri eroi sono George e James, personaggi dai contorni netti, dai ruoli ben definiti che forse ci sconcertano, ma che hanno il coraggio di essere come sono fino alla morte.
     Madeleine è la “prescelta” da un destino fatale, non chiede altro che rimettere ogni cosa al proprio posto, cominciando dal suo cuore e dalla sua coscienza, ma come conciliare cuore e coscienza? Con la dannazione in cambio dell’amore filiale di George?
     Questo è il punto, annientarsi completamente e dannarsi oppure lasciarsi andare all’oblio e alla morte…«E che vita è questa? Vivere nel terrore e nella colpa? Ben venga allora la morte a placare il mio spirito stanco e fiaccato.»
     Proviamo dolore, pietà per lei? Per i suoi cari? Probabilmente alla fine anche noi ci sentiano liberati, anche se con l’amaro in bocca... Nello spirito della tragedia non c’è una soluzione alternativa!
     Ma se: «Quello che Dio ha voluto per noi è quello che noi stessi vogliamo — come dice Vittorio Sgarbi, riprendendo Spinoza — ... è cioè che la nostra libertà coincide con quello che Dio ha deciso...» allora, la (libera) decisione di Madeleine si inserisce in un disegno divino: «... che non si esaurisce nelle leggi della ragione umana ... ma si estende ad infinite altre che riflettono l’ordine eterno dell’intera natura e quindi prevede anche il male a suo danno ...» (Spinoza), «... e sia pure disperata, qualunque azione metta in evidenza l’autonomia dell’individuo è un segnale di aspirazione alla salvezza ...» (V. Sgarbi, A regola d’arte).
     Dunque la nostra eroina è salva se esiste il libero arbitrio (perché ha deciso in piena autonomia), ma lo è doppiamente se lo ha fatto secondo un disegno prestabilito, lo stesso che volle Giuda traditore o Tommaso miscredente, nell’uno o nell’altro caso potremmo noi scagliare la prima pietra? Del resto: «Ogni mente può scegliere tra la verità e la tranquillità, ma non averle tutte e due.» (Emerson)

Alba Bucciarelli