La dinastia asburgica, che dominò nel Lombardo Veneto segnando con repressioni sanguinose il suo governo durante i moti insurrezionali e le guerre d’indipendenza italiane, ha sempre goduto però di un aspetto affascinante, legato soprattutto ai nomi di Elisabetta di Wittelsbach e di Francesco Giuseppe.
La storia d’amore che unì la celebre coppia imperiale sullo sfondo degli ultimi iridescenti splendori della corte austriaca, è stata più volte ripresa da registi famosi, che in Sissi, bella e appassionata, inquieta e insofferente dell’etichetta imperiale, hanno trovato il simbolo ideale dell’eroina romantica, le cui aspirazioni libertarie e l’anelito ad una vita autentica vengono diuturnamente sopraffatti dal suo ruolo regale.
È innegabile che la vita di Sissi, troncata per mano di un anarchico per l’ironia del destino che volle fosse proprio lei, fautrice della libertà, a cadere per prima vittima dell’odio che gli Asburgo avevano ispirato nei patrioti italiani, abbia riassunto in sé tutto quel che può far sognare una giovane mente: dal suo legame con l’inquieto e tormentato cugino Ludwig di Baviera, grande mecenate di Wagner, morto in circostanze misteriose, ai suoi rapporti con l’affascinante nobile ungherese Andrassy, alla sua esistenza sempre dimidiata e scissa tra l’essere la consorte di un imperatore e l’anelito di indipendenza che la spingeva a viaggiare continuamente e a lunghi soggiorni in Italia, come per stordirsi e dimenticare.
Anche Francesco Giuseppe, dal canto suo, è una figura emblematica della storia, perché compendia in sé ombre e luci dell’impero asburgico, patria delle musiche di Strauss e del valzer, squisita creatura dell’Ottocento ma governo dispotico e sanguinoso per gli italiani e gli ungheresi. E la stessa dicotomia si rispecchia nella sua persona, scissa tra l’amore per la consorte e la ragion di stato, tra il profondo rispetto per la madre tirannica e l’aspirazione ad una vita magari più umana, dove gli affetti familiari si sarebbero forse potuti sviluppare meglio e più compiutamente.
Al fascino della Vienna ottocentesca, del valzer e della celebre coppia imperiale non si è sottratta nemmeno Silvana Cellucci che, forte della sua lunga esperienza didattica come docente, offre stavolta al lettore un romanzo insolito, la cui trama si snoda, per bocca dei protagonisti, lungo le tormentate vicende di Sissi e Francesco Giuseppe, dal loro primo incontro sino alla morte del giovane Rodolfo, l’erede imperiale, a Mayerling.
L’occasione è data dalla profonda suggestione che gli Asburgo esercitano su un diciottenne, originale figura di alunno quasi esclusivamente dedito allo studio, immune dalla vacua futilità di tanti suoi coetanei, il cui interesse per la dinastia austriaca è così forte e pressante da indurlo quasi a vivere per essa e per i momenti in cui può discuterne con l’insegnante, divenendo in certo modo una reincarnazione dell’imperatore, del quale ricalca non solo il contegno aristocratico, ma anche l’amore tormentato per la bellissima Sissi: un amore puramente mentale, che troverà poi alla fine del romanzo, quasi a sottolineare il ritorno alla realtà del protagonista, il suo corrispettivo reale in quello per una compagna di scuola cui finalmente troverà il coraggio di dichiararsi.
Ed ecco scorrere dinanzi ai nostri occhi le grandi dinastie europee, dagli Asburgo ai Sassonia Coburgo-Gotha, con il loro fasto dorato ma anche con la loro vita tribolata, triste e malinconica, spesso costellata di lutti o destinata a concludersi tragicamente, ad ulteriore riprova che la ricchezza e il potere non riescono da soli a rendere felici gli uomini, specialmente quando li costringono a rinunciare alla loro più profonda essenza e ai loro desideri più reconditi.
Ripercorrendo con gli occhi del giovane protagonista le vicende dell’impero austro-ungarico, Silvana Cellucci non si sottrae né a questa disamina squisitamente umana, né a sottili ed acute riflessioni sulle eterne contraddizioni del potere e sui motivi reconditi che hanno guidato in ogni tempo la mano dei regnanti, evidenzia la profonda cesura tra l’Austria costellata dalle musiche di Strauss, vivida di luci, danze e sontuosi ricevimenti, e la vera realtà di un impero sull’orlo della disgregazione, prossimo a divenire vittima del suo stesso assolutismo, ormai incapace di tenere a freno le diverse realtà nazionali che lo compongono.