Autrice eclettica, cimentatasi in quasi tutti i generi letterari, dal romanzo storico al fantastico, fino alle favole per bambini, Silvana Cellucci aveva già detto molto sulla tematica dell’amore. Questo sentimento era stato analizzato, nelle opere precedenti, in varie sfumature quasi sempre dolorose, poiché gli innamorati si scontravano con la loro stessa natura — combattuti fra sensualità sfrenata e desiderio di purezza — oppure venivano ostacolati dagli intrighi di altri personaggi. False paternità, misteriosi rapporti di parentela, diverse realtà che restavano ambigue fino alla fine nella tradizione pirandelliana, inganni tramati da gente vendicativa: tutti questi elementi contribuivano, di volta in volta, a separare due giovani amanti, anche se di solito essi decidevano alla fine di riunirsi, mandando al diavolo certe verità più grandi di loro, o semplicemente rinunciando a capirle.
Perché l’amore, come tutti sanno, non nasce dalla ragione ma dall’istinto, e Silvana Cellucci vede in questo istinto la fonte di ogni tormento, ma nello stesso tempo, di ogni felicità. L’amore in sé è una contraddizione: è l’unico rimedio contro solitudine e depressione, quindi necessario come una medicina, però l’amore platonico non è sufficiente per placare i desideri, e di contro, il sesso sembra inquinare tutto ciò che c’è di puro e di spirituale.
Come risolvere questo dilemma?
Costantemente interessata al problema — ancora molto diffuso anche se si presume che nel ventunesimo secolo siano stati abbattuti certi tabù — la scrittrice ha creato diversi romanzi che indagano nella profondità di anime perverse, o semplicemente incerte, come nel caso di Attilia (protagonista di Un’oasi di pace), la quale deve scegliere fra un innamorato bello e sensuale, ma dal carattere violento, e un altro meno attraente ma dolce e gentile, capace di accarezzare, più che il suo corpo, la sua anima sofferente.
Ma questa trentesima opera di Silvana Cellucci è qualcosa di completamente diverso. Vaghi momenti d’amore è, infatti, una raccolta di quattordici racconti brevi che, oscillando fra il tono scherzoso e quello patetico, offrono un quadro quasi completo di ciò che può accadere, nella sfera amorosa, ai comuni mortali, a gente assolutamente normale.
Amori riusciti o falliti, ma in un insieme coerente nell’intento di mostrare una galleria molto varia di situazioni e caratteri. Tanto è vero che nel complesso emergono un vigoroso ottimismo e una sana esaltazione dei valori tradizionali: i personaggi giungono spesso alla conclusione che è meglio essere poveri piuttosto che ricchi e corrotti, meglio avere un marito onesto che un amante focoso, meglio essere amati per la bellezza interiore piuttosto che per l’aspetto fisico, e così via. Molti di questi personaggi commettono errori di valutazione e, alla fine del racconto, si ricredono. Questo non significa, tuttavia, che ci troviamo di fronte ad una specie di trattato moralistico: quasi tutte le storie hanno alla fine un piccolo colpo di scena che dimostra abilità letteraria. Non è facile infatti l’arte del racconto breve, l’arte di introdurre in poche pagine non solo un messaggio ma persino un pizzico di suspense.
Non manca una vena di malinconia: resta indimenticabile il personaggio della zitella che si era illusa di essere seguita per strada da un giovanotto per la propria avvenenza… così come restiamo colpiti dalla donna che, avendo spacciato per figlio proprio un orfanello sperduto, non potrà mai ammettere di provare per lui un amore ben poco materno. Tuttavia anche i personaggi profondamente feriti nei loro sentimenti trovano la forza di continuare la loro avventura umana, perché la vita, nei suoi lati positivi e negativi, deve essere accettata com’è. E sembra che l’autrice, con questo suo libro, voglia riconciliarsi con quel mondo crudele e contorto che ha coraggiosamente descritto e accusato nelle opere precedenti.