Può una guerra devastante come il secondo conflitto mondiale continuare ad agire ancor oggi, dopo più di cinquant’anni, sulle coscienze individuali, mantenendo pressoché intatta la sua forza sanguinosa, pregna di odio e di dolore?
Sembrerebbe proprio di sì, e questo nonostante tutti i bei discorsi e gli appelli sulla pace, sul perdono, sull’opportunità di tentare di dimenticare un oscuro passato per costruire un radioso presente, che continuamente vengono ripetuti da capi di stato, politici, ecclesiastici, giornali e televisione.
Quest’ultimo romanzo di Silvana Cellucci, scrittrice ormai nota al pubblico per i suoi lavori dotati di notevole forza di introspezione psicologica e acutamente lucidi e critici nei confronti delle contraddizioni dell’uomo moderno, pone il lettore dinanzi all’assurda realtà dell’orribile nemesi che sotterraneamente avvelena ancora molte esistenze umane, e le cui radici vanno appunto cercate nell’ostinata volontà di non dimenticare i crudeli anni dell’ultima guerra.
Romanzo di ampio respiro, La Moldava narra le intricate ed oscure vicende di una grande famiglia tedesca, il cui unico torto è forse stato quello di possedere un’industria bellica nella Germania nazista, e i cui ultimi discendenti, nel loro tortuoso girovagare per l’Europa durante l’immediato dopoguerra, hanno conosciuto una donna, Liviana, innamorandosene entrambi e idolatrandone il ricordo per tutta la loro vita.
Personaggio fragile e tormentato, ma dotato anche di una ferrea volontà e di una purissima e incrollabile coscienza dei suoi doveri di donna e madre, vittima di un ambiente ipocrita e bigotto che ha metodicamente frustrato tutte le sue aspettative e i suoi sogni, Liviana vive dolorosamente la scissione del suo animo, nel quale regnano contemporaneamente, forti del loro immane potere simbolico, questi due uomini, Isaak ed Anton.
Sullo sfondo di questa tormentata vicenda, all’interno della quale si snodano ed intrecciano altri percorsi esistenziali minori e paralleli, ma sempre elementi essenziali di un quadro dalle forti tinte ammonitrici, incombe lo spettro del ricordo di un passato di sangue, incancellabile e sempre gravido di conseguenze, almeno finché non intervenga a sbiadirlo e raddolcirlo la forza dell’amore, unica potenza per l’autrice in grado di esorcizzare i demoni del male in ogni loro manifestazione.
Ed è proprio questo amore cosmico, vero ed unico esempio di fratellanza cristiana, che spira fecondo sulle pagine de La Moldava, fugando infine le tenebre della discordia: è l’amore che rende dignità ai diseredati, in nome dell’amore tace finalmente un passato oscuro, e l’amore più puro e sublime chiude la tormentata esistenza di Liviana, il suo congedarsi estremo dalla vita con la serena coscienza di aver sempre operato per il bene degli altri, anche a discapito di se stessa.