Silvana Cellucci

Un ideale senza nome

Presentazione di Fulvio Castellani

Tabula fati, Chieti, Gennaio 2008

 



Presentazione di Fulvio Castellani

     Anche in questo romanzo, consueta miscela di intrighi e di sfumature a metà tra il noir e il romanzo rosa, Silvana Cellucci avvalora il suo linguaggio espressivo dai pensieri fondi, stimolante quanto basta per liberare sensi di scoramento e un profumo acre di felicità non raggiungibile.
     Non c’è joie de vivre nei protagonisti della vicenda. Non c’è che una parvenza di stimoli esistenziali quasi sempre tormentati dal dubbio se non dalla certezza che l’ammaliante attesa di un dopo seducente non lascia spazio alla speranza.
     È lei, è il suo mondo interiore, anche stavolta, a muovere i fili di un intersecarsi di esperienze in negativo. In questo Silvana Cellucci ha ben pochi eguali: vuoi perché già nel suo io esiste l’incertezza, vuoi per il fatto che la stessa realtà dell’oggi non sollecita arcobaleni di luce vivida.
     L’azione si svolge tra Lille e Parigi sullo sfondo di un quadro ambientale punteggiato di momenti che incorniciano l’evolversi contraddittorio e contrastante di due donne che, seppure a distanza di anni, vivono le stesse inquietudini e le stesse cocenti delusioni: Isa/Connie e sua figlia Celine.
     Due storie in una, si potrebbe dire. Sì, perché entrambe giocano le loro carte in maniera praticamente identica dando tutto di se stesse e ricevendo in cambio un amore finto, bugiardo, di comodo.
     Isa/Connie si innamora perdutamente di Antoine/Shiro, un conferenziere di successo sempre in movimento, che ne ricambia a suo modo le attenzioni esaltando i magici poteri di una passione a trecentosessanta gradi; Celine cede al fascino di Claude e insieme mettono in moto, nonostante la loro giovane età, una relazione dai toni caldi, vulcanici.
     Ma prima Antoine e poi Claude scompaiono dalla scena per molto tempo lasciando le due donne a rodersi il fegato e l’anima, e a rendersi conto, in un secondo tempo, di essere state prese in giro.
     I due uomini, comunque, a loro modo innamorati delle due donne, si ripresentano, le cercano. Ma mentre Isa/Connie mantiene un rapporto anche dopo il suo matrimonio, la figlia Celine taglia subito il filo che la vorrebbe legare di nuovo a Claude (che risulta essere, tra l’altro, figlio di Antoine) e cede alle lusinghe di Maurice.
     Pochi sono i veri amici delle due donne: un capostazione, che segue le attese di Isa/Connie alla stazione, attese che regolarmente rimangono deluse, un direttore di biblioteca, Robert e Giselle.
     Alla fine, dopo il matrimonio di Celine con l’architetto Pierre Fontaine, la storia sembra concludersi felicemente con la nascita di una figlia e l’adozione di Cosette, una bambina bisognosa di cure.
     Ma è un’illusione, perché una confessione di Maurice riapre in lei quella paura del vuoto e del nulla che per lungo tempo l’aveva ossessionata.
     Silvana Cellucci ci ha abituati a conclusioni sorprendenti che lasciano nel lettore la sensazione di aver seguito una traccia che poi svanisce nella nebbia di una giornata autunnale.
     E anche in questo caso ci è riuscita, e alla grande, con un’operazione creativa sottilmente coerente al suo credo di narratrice inesauribile e dalle compenetrazioni di luci e di ombre, vibranti, equilibrate, mai filtrate da inutili appesantimenti.

Fulvio Castellani