Silvana Cellucci

Sotto una grande quercia

Presentazione di Orietta Spera

Tabula fati, Chieti 2005

 

Presentazione di Orietta Spera

     Il romanzo Sotto una grande quercia di Silvana Cellucci è ambientato sulla costa adriatica nella tarda primavera, stagione della dolcezza e della rinascita. Ma il tenero sbocciare dei fiori c’entra ben poco: assumendo toni cupi a causa delle riflessioni di Eliot Beckmesser, il racconto sfuma verso il nero a causa di un duplice, truculento delitto, mescolando sapientemente sesso e nevrosi.
     Eliot, di origine nordica e piuttosto avanti negli anni, in Italia dopo aver contratto il suo secondo matrimonio, benestante ma deluso da lavoro e affetti sebbene abbia una famiglia di tutto rispetto (almeno in apparenza), sembra essere circondato da molti amici. Nonostante paia avere instaurato rapporti sinceri, l’uomo pensa che la sua esistenza avrebbe potuto prendere una svolta migliore. E mentre tristi considerazioni di morte e malattia gli affollano la mente, quale “deus ex machina” ecco che con una telefonata salvifica si ripresenta l’amico Walter che lo invita ad intraprendere insieme a lui un viaggio in Australia, per allontanarlo dall’egoismo che lo circonda.
     La vita è così: basta dare il via a pensieri positivi, che subito la spirale della negatività che crediamo ci abbia in pugno, si dilegua. Probabilmente è questo il messaggio che l’autrice ci dà quando, leggendo, dopo Walter troviamo Gianfranco, detto Angelus, il “cantante new age” amico di Eliot che vorrebbe che l’uomo lo seguisse ai Caraibi per un concerto, dissuadendolo dal pensare alla “terra dei canguri”.
     Così, dalla solitudine più totale del protagonista, si passa all’interessamento dei suoi figli indifferenti o, almeno all’inizio, descritti come tali: prima il “caliente” Paride, che non vuole che il padre parta, poi il razionale e schivo Sigfrid, biondo e affascinante. La presenza di quest’ultimo, incontrato da Eliot nel centro estetico dove ama sottoporsi a dei massaggi rilassanti, pone sotto una luce multiculturale un mondo com’è quello attuale: freddo e all’insegna dell’individualismo, aperto però al connubio delle razze. Succede infatti che, come è capitato anni addietro a Eliot, anche Sigfrid “nato nei pressi della foresta di Fafner” e perciò nordico, s’innamori dell’italica Iulia.
     Nel libro c’è l’alternarsi ritmico dei nomi di presunti “amici” del protagonista, ma note di sentimento vero vengono solo dalla storia che nasce tra i due giovani.
     Sotto una grande quercia è pervaso in modo permanente da una vena sentimentale: d’origine scandinava, eppure dal temperamento ardente come i latini, Eliot non resta indifferente alle effusioni dell’altra figlia, Brunilde, con l’amico Walter ma soprattutto a quella della giovane moglie con un non meglio identificato ragazzo. Tutti e quattro sulla stessa auto, sotto gli occhi inconsapevoli di molti, vanno incontro alla tragedia… Atto estremo (Vero o falso? O reale solo in parte?) sul quale si imperniano e ruotano, tra gli investigatori privati veri o presunti e poliziotti in borghese, le vicende del romanzo.
     Il mistero inoltre gravita sulla figura di Sigfrid, sempre prossimo a partire e uomo dai molti ruoli. Quale sarà quello vero? La sua personalità enigmatica e imperscrutabile cela forse, davvero, un cuore nobile? Chi c’è sotto la dura scorza che ostenta? Il desiderio frustrato nei confronti di Iulia, un’esistenza sofferta e un macabro ritrovamento (presumibilmente il corpo della madre scomparsa un anno prima), non fanno che accrescere il suo indiscutibile charme.
     Sotto una grande quercia è un romanzo a forte tinte, un susseguirsi di colpi di scena dove tutto non è realmente ciò che sembra. Il lettore, dapprima inserito in un cerchio magico è sempre sulla corda e, dopo tante ipotesi e tranelli, è atteso da un epilogo sorprendente. E non poteva aspettarsi altro.
     Silvana Cellucci coglie, con rara capacità, lacerti di vita quotidiana mediante la dote non comune dell’interazione, che è figlia di una costante ricerca interiore e dello studio accurato della personalità umana. Ci pone in tal modo di fronte ad una piccola opera figlia del tempo, i cui personaggi evocano l’interesse del lettore senza elitarismi, ben collocati ai nostri giorni.
     Il racconto si legge tutto d’un fiato: ci avvolge fluido, avvincente dall’inizio alla fine, senza soluzioni di continuità ed è a tratti sintetico, supportato da uno stile diretto, asciutto, scarno, privo di fronzoli, ricordando, con un ritmo ad essi vicino, i migliori romanzi di Agata Christie. Rispetto e questi, però, è più veloce tanto da togliere il respiro, pur conservando sempre chiarezza espositiva.
     Sotto una grande quercia ci cattura, ci ammalia, ci fa suoi, snodandosi nel complesso per sequenze cinematografiche, con scene che quasi esplodendo si susseguono come lampi di flash, riconoscibili anche se non si è tra i cinefili più accaniti e, a catturare l’attenzione lasciandoci pure a tratti un po’ basiti, è soprattutto l’intreccio complesso e pieno di colpi di scena.
     Particolarmente interessante è la psicologia dei singoli personaggi: ognuno giudica l’altro in modo diametralmente opposto, come da scuola squisitamente pirandelliana (Così è se vi pare) e tutti si muovono in un’atmosfera soffusa di nebbia e mistero. Così, sullo spazio dominato da una miscellanea in cui la realtà, come in Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare, sembra sogno, dolore, tenebra, amore, incombe una sostanziale malinconia derivante dal pessimismo dell’autrice, la quale mescola condanne senza appello ad umana pietas.
     Soprattutto, in questo testo scorrevole che parla al lettore con il linguaggio dei nostri giorni, è avvertibile l’inutilità del tempo.
     Avvincente e diretto, Sotto una grande quercia si fa leggere da tutti.

Orietta Spera