Silvana Cellucci

Di notte di giorno

Presentazione di Luca Molinini

Tabula fati, Chieti, Novembre 2006

 

Presentazione di Luca Molinini

     Silvana Cellucci aggiunge, con Di notte di giorno, un tassello importante alla sua folta e immaginifica produzione narrativa. Non è questa la prima occasione in cui mette in scena il disagio esistenziale, il “male di vivere” di montaliana memoria facendo perno sul gioco letterario tra finzione e realtà dei suoi personaggi. Eppure, in questa circostanza, gli elementi così cari all’esperienza descrittiva dell’autrice vengono calcati in modo netto fino a divenire una vera e propria ossessione per i protagonisti.
     Così facendo essa costruisce due storie che, sviluppandosi da una scaturigine comune, si diramano nel corso degli eventi: la notte è dunque per il personaggio principale Mattia il momento del sogno che porta febbre e dolore, incubi, che si materializzeranno ai suoi occhi nei capitoli dedicati al giorno insieme alla durezza che ne accompagna lo svolgimento.
     In realtà giorno e notte sono, nel romanzo della Cellucci, scambievoli e continuamente si sovrappongono o s’intrecciano così come le vite stesse dei personaggi che li attraversano. Mattia, Simonetta-Sharon cercano ognuno di ricostruire il proprio passato, i ricordi, inserendosi in un intreccio che stupisce costantemente il lettore con i suoi infiniti colpi di scena, tanto da costringerlo a dubitare della verità che sembra emergere a ogni pagina. Tutto muta continuamente come in un complicato e inestricabile cubo di Rubik.
     L’incertezza è messa ulteriormente in risalto dal rapido susseguirsi degli eventi e della scrittura; un movimento incessante in cui il lettore è trasportato quasi fisicamente: tra ricordo e speranza i protagonisti viaggiano dall’elegante Torino verso i climi roventi dell’Africa settentrionale o del Brasile. In questo modo, all’apparente fragilità dei personaggi principali — intesa, si badi bene, non certo in senso negativo — si contrappone cinico e spietato il mondo fin troppo reale del crimine, della prostituzione, dell’opportunismo insensibile agli affetti e alle richieste d’aiuto. Un romanzo di maschere che passano persistentemente di volto in volto, metafora delle difficoltà da parte degli uomini che ne popolano le pagine di trovare il loro spazio nel mondo. Una realtà che Mattia cerca di dominare, di ricondurre al controllo solo con la forza della sua malinconica dolcezza, unico spiraglio, unica via d’uscita dalla malattia che non gli offre tregua.
     Dunque, proprio l’amore risulta essere per la Cellucci l’unico rimedio alle sofferenze della vita. Anche se apparentemente impossibile per la diversa estrazione sociale dei giovani innamorati — Mattia è un carpentiere mentre Simonetta appartiene a un ceto agiato — esso sarà in grado di spingerli a scelte radicali e difficili.
     Il ragazzo sarà disposto a lasciarsi quasi morire in una stanza d’ospedale piuttosto che far rischiare la vita alla sua amata. Simonetta abbandonerà le certezze di un’esistenza tranquilla per sé e suo figlio, nel tentativo di ritrovare la passione di un tempo. Così, neanche il mondo marcio che li circonda riuscirà ad avere la meglio sui due.
     La scelta stilistica del raccontare in prima persona, oltre a trascinare il lettore nella storia con maggiore intensità, permette di identificarsi con il protagonista, di scoprire insieme a lui gli accadimenti drammatici che alimentano la sua inestinguibile passione per Sharon-Simonetta, di soffrire della sua condizione di “naufrago” in terra straniera con un passato perduto nell’oblio e l’impossibilità di aggrapparvisi.
     E la scansione d’orologio in giorno e notte diventa infine solo un pretesto, da parte dell’autrice, per far sì che gli eventi accadano tra istinto e ragione, tra mente e cuore, buio e luce, sonno e veglia nell’insolubile continuum del tempo e dell’esistenza.

Luca Molinini