Silvana Cellucci

Un archivio impolverato

Presentazione di Massimo Pamio

Tabula fati, Chieti 2003

 




Presentazione di Massimo Pamio




     Qual è la vera identità di Maris, perché viene inseguita, perseguitata, contesa da tre famiglie e come mai il giovane uomo che l'ama non riesce a preservarla dagli intrighi minacciosi che si abbattono su di lei?
     Nel prendere le mosse da un archivio storico laddove circolarmente si chiude, l'ultimo romanzo di Silvana Cellucci si configura come una continua interrogazione sul mistero dell'identità personale, mistero che non si chiarisce neanche quando si approfondiscono i legami dell'individuo con il nucleo familiare e sociale di appartenenza.
     L'esistenza individuale, pertinenza del caso, si inserisce in un contesto che la trascende: tanto da metterne in dubbio continuamente le basi e l'unità.
     Quando la narratrice, Silvia, scopre in un baule documenti appartenuti a un passato illustre, si mette in moto attorno a lei una serie di eventi degna del miglior film giallo. Ella conosce una ragazza, Maris, che compie ricerche in un archivio storico. Ritenendola persona sensibile e preparata, la presenta al suo protetto Gianluca. Sennonché, la giovane, figlia di delinquenti che occupano abusivamente una villa antichissima, già proprietà dei nobili Da Romano, vive una situazione talmente oscura che la rende prigioniera di una particolare condizione, uno stato di schizofrenia latente, che la portano a identificarsi con più persone, perfino con donne vissute secoli prima, quali un'amante del poeta Metastasio.
     La narrazione viene usata comunque in funzione della particolare interpretazione della vita che l'Autrice vuole offrirci.
     Sullo sfondo della esistenza individuale scorre la storia collettiva, specie di summa delle esperienze individuali che, per la sua complessità e apparente mancanza di finalità, ancor di più conferma la labilità, l'insondabilità del vero. Non a caso, il libro si chiude con un documento che Lorella si appresta a consultare, riguardante il ritorno in Francia delle spoglie mortali di Napoleone, l'illustre personaggio storico la cui testimonianza e le cui verità, nonostante la fama, appaiono, piuttosto che palesi, alonate dal mistero più profondo. Perché nulla è verificabile, e l'uomo non possiede il metro del vero, come sottolinea con fervore appassionato la scrittrice: "Gli storici, per quel che possono, tentando di avvicinarsi sempre più al vero, finiscono per inventare la storia". Parodiando la frase, si potrebbe osare: "Gli scrittori, tentando di approssimarsi al vero, finiscono per inventare una storia credibile ma non vera". Gli uomini, tentando di avvicinarsi al vero, finiscono per inventare una loro storia, o anche per inventare la storia degli altri, o per proiettare sugli altri le loro convinzioni, come accade a Maris, la cui esistenza viene continuamente stravolta dagli interventi di altre persone, in un crescendo pirandelliano se non arrabaliano o ioneschiano.
     Al centro di tutti i romanzi di Silvana Cellucci c'è una storia d'amore, e Un archivio impolverato non poteva sottrarsi a questa casistica. I colpi di scena che riguardano Maris e il suo compagno, però, disorienterebbero il più scaltrito lettore e superano di gran lunga quelli inventati dal più barocco degli sceneggiatori di fiction.
     In quest'ultima sua opera, Silvana Cellucci è riuscita a profondere tutta la sua fantasia più accesa, fino a rendere le pagine incandescenti, e la storia incontrollabile. Tutto può accadere, e a un numero imprecisato di avversità del fato non è più possibile controbattere, forse solo sfuggirgli prendendo coscienza della "debolezza" della vita, della fatuità del quotidiano, e soprattutto dell'incapacità dell'individuo di gestire la propria storia.
     Il mistero dell'interiorità, il mistero che siamo a noi stessi sono i temi che spiccano in Un archivio impolverato: "Sono una che cammina perennemente sul filo del rasoio" afferma Silvia, un'anima in pena, turbata, quasi esaltata dal senso del mistero, della paura, dell'astratto.
     Consumare fino in fondo una storia d'amore è impossibile, perché è impossibile aprirsi completamente, e perché il Destino incombe, con il volto della Falciatrice.
     Non resta che abbandonarsi al sogno, al mondo dell'immaginazione. Nel mondo del fantastico forse si può combattere fino in fondo quella battaglia a favore del Bene che nella realtà è sempre perdente. Per l'Autrice il mondo è in preda a forze negative, al dissolvimento, alla Morte. La passione non basta, e può condurre solo sulla strada della fantasia o della follia.
     Un'interpretazione oscura e titanica dell'esistente grava sui romanzi di Silvana Cellucci che, per le sue convinzioni, risulta parente di Leopardi, Nietzsche, Céline, Celan, figlia del romanticismo.
     Questo romanzo contiene pagine indimenticabili, tracce di finezze estetiche da scoprire come tanti gioielli, se il lettore è attento: e così è possibile riscontrare anche la colonna sonora musicale di sottofondo che in ogni testo l'Autrice inserisce velatamente. Insomma, Un archivio impolverato è una caccia al tesoro. A voi l'onore di "giocare". Buon divertimento.

Massimo Pamio