Michele Bonomi

Un disegno sulla sabbia

Presentazione di Maria Pia Nervegna

Tabula fati, Chieti, Aprile 2007

 

Presentazione di Maria Pia Nervegna

     Ad una prima lettura, Un disegno sulla sabbia di Michele Bonomi suscita l’impressione che sia sfuggito qualcosa alla nostra attenzione, che sotto la disarmante semplicità si nasconda un secondo significato. E in realtà lo scrittore, unendo la dimensione del soggettivo a una narrazione cristallina e lineare, aderisce pienamente all’insegnamento di Calvino che suggeriva, in anni lontani, di “fare il vuoto per ripartire da zero” in opposizione al cosiddetto “riciclaggio delle immagini” caratteristico del Postmoderno.
      È una storia dove non succede nulla, dove non può succedere nulla per esatta volontà dei protagonisti (dell’autore), che si pongono in posizione d’attesa rispetto ai propri umori, stati d’animo e sentimenti, e talvolta se ne lasciano prendere dettati da una “insostenibile leggerezza dell’essere”. L’esile trama del romanzo consiste in una serie di incontri casuali ognuno dei quali racchiude la propria soggettiva verità; in una serie di punti di vista che si intrecciano con effetto polifonico tra esperienze reali e percezioni introspettive affidate al caso, alle libere associazioni dell’inconscio, agli spunti suggeriti dagli altri personaggi, in una dimensione ludica intesa come gioco di rinvii, di rimandi che frammentano l’ordine logico-temporale precostituito. La vicenda è presentata come il diario di una settimana di vacanza, il resoconto di un’esperienza breve ma fantastica; le descrizioni dei luoghi e dei personaggi si coniugano con le impressioni e con i dialoghi dalle battute brevi e incalzanti.
     Dal punto di vista stilistico il tratto più rilevante è l’andamento anaforico, la ripetizione ossessiva di alcuni termini e parole chiave. Così, per delineare il paesaggio e la situazione, vengono impiegati dallo scrittore pochi elementi afferenti al campo semantico di una natura dominata dalla staticità, dall’incanto incontaminato, magica, in cui hanno particolare risalto le sensazioni visivo-uditive.
     Al centro, il tema del viaggio, della “vacanza” intesa come occasione di ricerca di sé e dell’altro, dell’evocazione di ambienti e situazioni dalla geografia mediterranea, al confine tra proiezione soggettiva e realtà, nonché il tema dell’incontro con presenze-fantasmi enigmatici che affiorano dal passato o da una dimensione irreale, in nome di una leggerezza che amalgama perfettamente il piano psicologico a quello realistico descrittivo.
     La poetica di Bonomi tende all’eterogeneo avvalendosi, seppur timidamente, di materiali diversi (appunti, canzoni, poesie) e di una tecnica improntata alla sospensione continua, così come al ricorso al finale aperto. Un’altra caratteristica è la presenza dell’autore, più o meno celata, che emerge costantemente soprattutto per l’inserimento di elementi paratestuali, come la scansione delle scene o la didascalia dei personaggi che forniscono al lettore una guida alla navigazione nel testo e costituiscono allo stesso tempo la dichiarazione di una poetica che prevede l’esplicitazione della genesi del testo stesso, per una sorta di mediazione letteraria della realtà. Che non riesce a imporsi da sola, e ha bisogno della simulazione scenica per affrancarsi. Come dire: il regista c’è, e si vede. È lui che detta le regole del gioco.

Maria Pia Nervegna