Marcello Bonati, autore milanese già noto al pubblico per i suoi racconti dall’alta e concentrata sensualità, passionale e immaginifica, propone stavolta una raccolta di poesie, molto originali per taglio e costruzione.
L’opera di Bonati, infatti, pur preannunciandosi come una silloge poetica, comprende, caso abbastanza insolito, molti brani in prosa, che potrebbero sulle prime “spiazzare” il lettore. Ma è lo stesso Autore ad aggiustare il tiro, spiegando nella sua presentazione che è proprio la prosa il genere a lui più congeniale: si tratta dunque di una scelta non casuale ma voluta, per ragioni essenzialmente artistiche, del resto in linea con le tendenze più avanzate della lirica contemporanea.
La poesia del ventesimo secolo ha subito, come del resto tutte le arti, una profonda e radicale trasformazione che l’ha resa irriconoscibile rispetto alla tradizione classica. A nostro parere, il termine che rende meglio la sostanza di questo mutamento è “contaminazione”. L’arte contemporanea non ha paura di contaminarsi, di macchiare la propria integrità e purezza accogliendo mezzi espressivi e modalità di comunicazione diversi rispetto a quelli che le scuole poetiche e la tradizione plurisecolare hanno stabilito. Questo processo è iniziato con il decadentismo ed è proseguito con risultati estetici alterni con l’ermetismo e il postmoderno.
Nella poesia ciò significa essenzialmente l’uso di un linguaggio la cui grammatica viene forzata a superare la dimensione dell’uso quotidiano e della pura e semplice referenzialità, e questo perché i mass media hanno reso falsa la parola, riducendola a luogo comune e a chiacchiera banale, spesso funzionale a una forma di dominio sulle coscienze.
Nel mondo sofisticato e fiaccato dalla retorica pubblicitaria dell’usa e getta è un atto rivoluzionario tentare di recuperare la freschezza di una grammatica viva, di un’arte della parola cioè capace di evocare sentimenti, stati d’animo e fatti dell’esistere per comunicare veramente, per veicolare messaggi importanti e significativi.
Ad attirare l’interesse e l’attenzione è la voce originale anche se aspra e bisognosa di smussature di un autore di talento. Bonati parla di intuizione fantastica della realtà intendendo con ciò l’idea che la realtà di tutti i giorni con la quale tutti noi dobbiamo in qualche modo incontrarci o scontrarci è solo un riflesso ingannevole di una realtà più profonda e vera che l’uomo può cogliere solo con una visione immediata prodotta dalle proprie emozioni e elaborata dalla facoltà umana più creativa: la fantasia.
Egli è ben consapevole dell’arduo compito che lo scrittore porta come un fardello sulle sue spalle, ma nelle sue composizioni che sono poesia ma anche prosa evita di porsi su un piedistallo e rifiuta le oscurità linguistiche che sono spesso frutto di una ipocrita scelta di immagine. Infatti il rischio più serio occorso alla poesia più recente è quello di mirare alla purezza linguistica a prezzo dell’oscurità e dell’incomprensione. La scelta della prosa poetica si pone dunque come risposta a questa esigenza di mantenere a tutti i costi aperta la comunicazione con il lettore.
Nei suoi lavori troviamo il desiderio, che a volte diventa spasimo doloroso, di cogliere e mostrare l’essenza della vita e il suo mistero. Le vicissitudini dell’esistenza, risolte spesso in un allucinato bisogno sensuale, vengono così mostrate e disvelate nel loro significato più profondo. La poesia di Bonati assolve quindi una funzione per così dire “terapeutica”, di cura della malattia dell’esistere, accompagnando il lettore in una sorta di viaggio iniziatico verso l’accoglimento consapevole di una verità che coincide sempre con un’intuizione cosciente dell’essere e della sua realtà, a patto però che venga letta e penetrata mettendo ad ogni istante in gioco le proprie emozioni e la propria fantasia per cogliere un messaggio vitale e vero.