Annarita Bini (a cura)
Lettura
Tempi di parole
Presentazione di Annarita Bini
Introduzione di Cinzia Turli
Tabula fati, Chieti 2002
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Presentazione di Annarita Bini
Stai per cominciare a leggere…
Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni pensiero.
Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto.
La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa …
Prendi la posizione più comoda:
seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato.
Ecco dunque, ora sei pronto ad attaccare le prime righe della prima pagina.
Italo Calvino
Il quaderno di Lettura - Tempi di parole, virtualmente collegato al precedente volume Trottola, pubblicato sempre da Tabula fati nel 2000, dà inizio alla collana «Quaderni di scuola», composto di tre sezioni: favole e fiabe; sentimenti, emozioni e riflessioni; frammenti di letture.
Ogni sezione raccoglie le produzioni dei bambini secondo l’articolazione definita dal Progetto lettura Trottola (quinto anno), inserito nell’iniziativa LEGGI/amo, promossa e sostenuta dall’Assessorato alla Cultura della Provincia di Chieti in collaborazione con il Centro Servizi Amministrativi di Chieti e con l’Agenzia per la promozione culturale-Regione Abruzzo di Chieti.
La costruzione e la stampa del quaderno degli “esercizi” di lettura, fantasia, creatività e scrittura rappresentano un “dono” prezioso che la scuola fa innanzitutto ai suoi alunni.
Essi lo potranno sfogliare, leggere, custodire con la soddisfazione di avere tra le mani un lavoro finito, ordinato e privo dei visibili segni di quelle necessarie ed indispensabili correzioni.
Nello stesso tempo, potranno rievocare la fatica ed il tempo dello sforzo e dell’impegno: nulla si fa facilmente, scrivere meno che mai, solo “ provando e riprovando” con generosità e con passione, si può pervenire ad esplorare nuove forme e nuove dimensioni della scrittura fino ad elaborare un proprio stile.
Con questo quaderno si tenta di superare quella “linea di confine” che divide gli autori dei libri da quelli che li leggono, quasi cancellarla in una sorta di” magica” operazione della scuola che cerca di trasformare i lettori in autori e gli autori in lettori. E così il quaderno di lettura diventa un ponte che unisce, che collega il mondo fantastico con quello reale, il dentro con il fuori, i segni con le varie possibili forme di linguaggi.
Si è consapevoli del fatto, comunque, che il testo debba superare la prova di essere letto.
«Solo il poter essere letto da un individuo determinato prova che ciò che è scritto partecipa del potere della scrittura, un potere fondato su qualcosa che va aldilà dell’individuo.» (1)
La trasversalità dell’atto del leggere come strumento di decodifica dei saperi rappresenta nella scuola la forza e la debolezza della lettura.
Leggere è il primo ed il più importante dei compiti, la prima e la più ardua fatica fra tutte le espressioni del “mestiere di scolaro”.
Diventare lettori, accostarsi in modo libero e volontario al mondo dei libri necessita, come ogni scelta, di una forte spinta motivazionale; l’amore è un impulso e non può scaturire mai da un dovere o peggio ancora, da una costrizione, ma soltanto da esperienze positive e gratificanti, cioè dal piacere.
Da qui la strategia della scuola che favorisce questo indispensabile compito, quasi una sorta di “portale virtuale” per l’acquisizione di ulteriori possibili apprendimenti:
— dimestichezza con il testo prima attraverso l’ascolto e poi con la manipolazione concreta dei libri;
— superamento di atteggiamenti stereotipati di approccio alla lettura;
— utilizzo del computer, interattivo e facilitante lo scopo dell’elaborazione di scritture creative.
Non è possibile contenere la totalità delle esperienze in queste pagine! La consapevolezza del “problema insoluto, di ciò che resta fuori, del non scritto” (2), costituisce la spinta per andare avanti in questo semplice, ma anche ambizioso disegno: fermare nella scrittura tanti possibili libri dei nostri potenziali “autori in erba”.
Annarita Bini
Dirigente Scolastico
Note
1) Italo Calvino, Se una notte d’inverno un viaggiatore, Einaudi, Torino 1979, p. 176.
2) Italo Calvino, op. cit., p. 181.