Luca Granzotto

Jupiter Decimus

Presentazione di Tullio Bologna

Tabula fati, Chieti, Maggio 2008

 



Presentazione di Tullio Bologna

     Tra le più classiche tematiche trattate dalla Fantascienza un posto d’indubbio rilievo meritano la manipolazione genetica e la longevità, a volte intersecate tra di loro come avviene, ad esempio, nell’opera I figli di Matusalemme di Robert A. Heinlein.
     Con l’ingegneria genetica l’uomo – una volta iniziata la colonizzazione dello spazio – viene a essere adattato alle condizioni del pianeta in cui abiteranno i suoi discendenti. Il seme tra le stelle di James Blish è un fulgido esempio di come si possa scrivere un romanzo di buon livello su tale argomento. Un altro esempio, maggiormente cupo, è dato da Uomo più di Frederik Pohl.
     ;Senza arrivare alla vera e propria immortalità ( che gli appassionati ricorderanno in due opere celeberrime della letteratura fantastica, I viaggi di Gulliver di Jonathan Swift e La città e le stelle di Arthur C. Clarke ), in diversi racconti o romanzi fantascientifici alcuni personaggi subiscono almeno un allungamento anomalo della propria esistenza, nella stragrande maggioranza dei casi dovuto a esperimenti scientifici mirati o a imprevisti effetti collaterali conseguenti ad esperimenti puntati su un altro bersaglio.
     Luca Granzotto unisce le due tematiche di cui ho sommariamente parlato in un romanzo che si legge agevolmente anche per la non eccessiva lunghezza, ma soprattutto per la tensione narrativa tenuta alta dalla prima all’ultima pagina e per la confortante padronanza della lingua italiana.
     La sua opera non s’inserisce nell’ultimo filone (in ordine di tempo) della Fantascienza, il cyber-punk, che privilegia scenari informatici, contorte trame realistiche/virtuali e situazioni trasgressive. Tanto per avere un’idea di quel che sto dicendo, pensate alle tante scene della serie cinematografica Matrix, dalla quale qualche buontempone ha ricostruito addirittura il supporto mitologico che innerva le strambe avventure di Neo! …
     Leggere Jupiter Decimus (il cui significato astronomico non voglio anticipare) significa per fortuna tornare a quella fantascienza senza fronzoli dei vari Bradbury (vogliamo dimenticare Icaro Montgolfier Wright?), Simak (un titolo per tutti, City) e Asimov (il ciclo di Foundation) oppure agli stuzzicanti e ancora comprensibili racconti sociologici della rivista “Galaxy” degli anni Cinquanta e Sessanta (che s’avvaleva di autori del calibro di Bester, Leiber, Pohl, Sheckley, Sturgeon…), racconti che ancora non s’avvolgevano su se stessi nella insistita contemplazione del proprio ombelico, come sarebbe accaduto più avanti nella macerazione psicologica di troppe opere - cosiddette “sperimentali”- post-sessantottine.
     Nelle pagine che il lettore sta per affrontare, l’umanità è ancora abbracciata alla madre Terra, quindi tutto ciò che concerne il contatto tra il nostro mondo e ciò che sta fuori della nostra atmosfera può svilupparsi in qualunque direzione. Dimenticate, perciò, l’eto-biologia aliena della Le Guin e di Aldiss, le avventure spaziali della “Skylark” di E. E. Smith e del Ratto d’acciaio di Harry Harrison, i problemi ecologici sollevati da Brunner e da Ballard e le numerose storie di science-fantasy scritte dalla Mc Caffrey e dalla Zimmer Bradley. Qui si ricomincia quasi da capo!
     Grazie all’iperfisica, una nuovissima branca della Scienza seguita con rabbiosa cura dallo scontroso dottor Aurelius Joliet Langham ( uno dei due personaggi principali, costretto a vivere su una carrozzella a causa di un incidente occorsogli in gioventù e allevato come un figlio dall’altro primattore, il potentissimo Landon Bowen, rettore dell’istituto dove Langham è inquadrato come docente ricercatore ) si può pensare al Grande Balzo verso i pianeti del Sistema Solare e, più in là, verso le stelle.
     Langham viene, però, rapito come tanti altri scienziati prima di lui e sottoposto a una stressante esperienza psico-fisica che parrebbe far preludere a un incontro ravvicinato di Terzo Tipo, ma la realtà è molto più sorprendente e, ovviamente, non va svelata in una presentazione…
     Un romanzo piano, verosimile e con pochissimi personaggi questo Jupiter Decimus che mette d’accordo il gusto di narrare con quello di leggere senza dover ricorrere a un esperto in psicanalisi o a un premio Nobel in qualche disciplina scientifica oppure a gente almeno del calibro d’un Bill Gates per avere delle delucidazioni sul piano informatico.
     Non è poco al giorno d’oggi, credetemi, considerata la crisi creativa che attraversa la Fantascienza, da tempo costretta a sopravvivere in uno dei suoi ciclici momenti di stasi.

Tullio Bologna