Molte volte gli scrittori, per quanto impegnata e densa di problematiche possa essere la loro prosa, non resistono all’impulso di abbandonarsi al narrare per il semplice gusto di narrare; sono questi i momenti in cui la loro fantasia sembra quasi mettere le ali, dando vita a deliziosi racconti, veri e propri cammei, talvolta vere e proprie “favole” per adulti, dove la fantasticheria gioca una volta tanto coi classici temi dell’amore, dei vincoli familiari, delle strane coincidenze, immergendoli in un paesaggio solare, abbagliante di luce, vero e proprio trionfo della gioia di vivere.
A questa fascinazione non è sfuggita nemmeno Silvana Cellucci, solitamente attenta a profondi temi esistenziali, volti a sviscerare i mille motivi di disagio dell’uomo contemporaneo. Eppure, da degna scrittrice del Sud, anche la Cellucci non riesce a sottrarsi alle seduzioni della solarità mediterranea, come del resto ha già dato prova nel bellissimo libro di racconti Un paradiso da conquistare.
La sua esperienza di insegnante, infatti, l’ha già condotta tempo fa in quello che potrebbe essere, almeno per l’Italia, il prototipo della solarità mediterranea: la Sicilia, alle cui suggestioni, retaggio forse di un lontano passato arabo, la scrittrice non ha saputo sottrarsi. Ed ecco questi nuovi racconti, insoliti per tematica ed ambientazione, ma che a ben vedere rispecchiano ancora una volta la sua esperienza di donna.
Forte del suo amore per la Sicilia, che sente quasi come una seconda patria, la Cellucci ha giocato con temi e suggestioni di questa splendida isola, coi suoi profumi violenti, col suo mare dai riflessi di cobalto, colle sue scogliere nere di lava, dando vita a racconti dove l’amore si manifesta prepotentemente, denso e forte di figure femminili indimenticabili. È l’amore vissuto nella sua forma più immediata e diretta, senza ansie e problemi esistenziali, vissuto nella sola voluttà di amare, cui fanno da degno sfondo il sole abbagliante, impietoso e abbacinante, e il clima dolce e languido dell’isola mediterranea.
Racconti per far sognare gli adulti, per riconciliarli con la vita, per offrire una volta tanto uno spaccato di vita dove non è l’incomunicabilità a regnare sovrana, ma al contrario una sorta di incantata magia che sembra rendere tutto possibile, in un’isola dove anche un anfratto tra gli scogli può celare la soluzione alla solitudine, all’amarezza, allo sconforto.
Fine indagatrice dell’animo umano, anche qui però Silvana Cellucci non rinuncia a caratterizzare psicologicamente i suoi personaggi, svelando e mettendo in evidenza pregiudizi e magagne isolane, accennando qua e là al ruolo subalterno della donna, alla prepotenza maschile, al disagio che la bellezza prorompente della figlia può destare in una madre, o viceversa al ruolo tante volte essenziale che gioca l’intuito e la bonomia di un padre nei confronti di un giovane figlio alle prese con le prime pene d’amore.
Ma stavolta, come per magia, tutto si risolve in un lieto fine, dove la vita sembra trionfare su tutte le difficoltà, quasi la scrittrice avesse voluto prendersi una pausa lieta e spensierata dalle finissime indagini che tante e tante volte l’hanno condotta ad esaminare senza veli e senza pietà le più riposte pieghe, e piaghe, dell’animo umano. Una Cellucci diversa, ma non per questo meno accattivante e seducente, complice anche l’elegante e misurata prosa di sempre, pronta a piegarsi alle più minute esigenze stilistiche, insuperabile nel tratteggiare con un solo particolare una figura femminile, un gesto, una situazione, e che in questi racconti sembra aggiungere nuovi, smaglianti colori alla sua caleidoscopica tavolozza.