Romanzo giallo e ricco di suspense, Il pianista di Silvana Cellucci è un libro che si legge tutto d’un fiato. L’Autrice ha imbastito una serie di storie di contorno che fanno da giusto complemento alla trama centrale, la storia d’amore tra la fragile Kaila e il giovane Mairon, e la rendono piacevole e narrativamente ben organizzata.
Il romanzo, scritto con stile lineare e in prima persona, ha una prosa asciutta, rapida e incisiva, una storia musicata dai ritmi e dai frequenti e imprevedibili colpi di scena. Il dialogare è fitto e continuo, i personaggi interessanti e della più varia umanità, dalla ricca borghese Angela (l’io narrante), ai più reietti della società: il drogato (Kaila e nel passato anche Mairon) o la pornostar (Diane Grandet, madre di Mairon).
Il romanzo ruota intorno alla morte del famoso concertista Fabiani, il pianista del titolo dell’opera. Si susseguono varie tesi sulla sua morte, ma la verità la scopriremo solo alla fine. Nulla è come sembra, le ipotesi si rovesciano continuamente pagina dopo pagina. La storia di Mairon e Kaila si intreccia a quella delle tre amiche d’infanzia Larissa, Kettj e Angela. I due protagonisti vivono un amore sublime e assoluto (tema ricorrente nell’autrice, già, ad esempio in Come l’abbraccio dell’edera), ma contrastato da Kaila, figlia del pianista e musicista a sua volta, ragazza vulnerabile e timorosa degli uomini, «odio gli uomini, come tu odi le donne […] la musica calma, l’amore uccide.»
L’impianto narrativo è quello di un giallo dall’intreccio rigoroso. Sin dalla scena iniziale, costruita con tocchi rapidi e sapienti, la Cellucci dà vita ad un’atmosfera di sospensione e di mistero, in grado di tenere avvinto il lettore fino al sorprendente epilogo. L’attenzione al dettaglio, la capacità di scavare nelle pieghe dei fatti, che si riveleranno diversi da come appaiono, conferiscono dinamicità e originalità alla vicenda che diventa sempre più avvincente. La storia è, dunque, ingarbugliata al punto giusto.
Molteplici, inoltre, sono i richiami letterari a Balzac, Manzoni, Calvino, Emily Brönte, Orazio, Canova, citazioni che conferiscono uno stile elevato e una certa raffinatezza al romanzo.
Per concludere vorrei sottolineare come in questo romanzo è evidenziato un tema caro all’autrice: il disagio esistenziale, la mancanza di dialogo tra i giovani, il benessere della società moderna causa della distruzione dell’umanità dell’individuo. In un monologo del professor Carli, infatti, la Cellucci pone in primo piano l’intento pedagogico e morale del romanzo: «[…] Esiste il dialogo tra i giovani d’oggi? No… mancano le parole […] Per far quattrini, inoltre, o bisogna denudarsi in pubblico, o spacciare roba, o svendersi a questi ricconi ampollosi e sfaccendati.»
Si tratta, in definitiva, di un romanzo godibilissimo, dal forte impatto, con un preciso programma narrativo; una storia di mistero e di formazione che trascina il lettore fino allo scioglimento finale, il classico, ma non banale lieto fine, tipico della Cellucci.